Giampaolo Galli

Avanti Mes

Renzo Rosati

“Nessun complotto. La riforma del Fondo salva stati è tutto sommato un buon compromesso”. Parla Giampaolo Galli

Roma. “A giugno, con il governo Lega-M5s, tutti sapevano. Il 19 di quel mese Giuseppe Conte riferì alla Camera di ciò che si sarebbe discusso nel Consiglio europeo del 20 e 21 dedicando alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità la parte finale ma anche la più ampia, soffermandosi sull’introduzione in caso di aiuto di un’analisi preventiva della sostenibilità dei debiti pubblici. Non mancò di sottolineare come la bozza di accordo prevedesse una condivisione di ruoli, nel giudizio sulla sostenibilità, tra Mes e Commissione. Disse ovviamente che la firma ultima dei capi di stato e di governo era prevista a dicembre. Non so se Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Luigi Di Maio lo ascoltassero. Certo è che non avvenne nulla di nascosto. Il dibattito era già vivace. Parlare di alto tradimento è davvero surreale”. Giampaolo Galli, docente di Economia politica e vicedirettore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici della Cattolica, ex deputato del Pd ed ex dg di Confindustria, di quel dibattito è tra i protagonisti. Ne ha scritto ad aprile sul Sole 24 Ore; ne ha riferito il 6 novembre alle commissioni Bilancio (presieduta da Borghi) e Affari europei della Camera.

 

 

Racconta al Foglio: “La realtà è che a giugno l’attenzione di Salvini era tutta sulla propaganda per la flat tax, da realizzare anche a costo di peggiorare ulteriormente il deficit e con l’Italia sotto procedura d’infrazione. Entrambi, Lega e M5s, erano alle prese con i risultati delle europee: i primi avevano vinto in Italia, ma non c’era stato il boom dei sovranisti europei; anzi proprio da loro venivano i diktat più duri sull’Italia. I secondi non sapevano cosa fare e con chi andare”. E il governo? “Conte e il dg del Tesoro, Rivera, erano impegnati nel trattare con la Commissione per evitare la procedura. Ma Salvini e Di Maio erano i vicepremier…”.

 

Detto che tutti sapevano, la riforma del Mes rappresenta “lo strangolamento dell’Italia” come dice Di Maio? “Per alcuni ha aspetti positivi, per me comporta dei rischi. Il principio che se si interviene in aiuto di uno stato prima si deve valutare una ristrutturazione del debito – principio che però non è un automatismo nella riforma di cui si discute – è sostenuto dai rigoristi del nord Europa, ma – è bene ricordarlo – anche da economisti di sinistra come Joseph Stglitz, perché riduce il rischio che si agisca – come in parte avvenne in Grecia – a beneficio delle banche creditrici, allora quelle francesi e tedesche”.

 

I pericoli? “Solo in Italia ci si accapiglia sul Mes. Non in Spagna, non in Portogallo né in Grecia, che in passato hanno avuto bisogno dei fondi europei e oggi stanno risanando il debito. In altri termini, qui si parla di corda in casa dell’impiccato. E’ noto che tutte le istituzioni internazionali ci dicono che di questo passo il debito risulterà insostenibile. Dunque se l’Italia chiede aiuto al Mes potrebbe essere costretta ad accettare una ristrutturazione che coinvolgerebbe il risparmio privato, le banche, le imprese. La consapevolezza di questo rischio da parte dei mercati potrebbe generare aspettative di default che si autoavverano. Questo è il senso dell’allarme che ha lanciato il governatore Visco. Evitarlo, però, è compito della politica. Certo che se Salvini dice che tra aumentare la tassa sui pannolini e aumentare il deficit, sta tutta la vita con lo sfondamento…”.

 

Non è che la manovra Pd-M5s stia riducendo la spesa pubblica né produca crescita. “Perché tutta la politica italiana sta tornando a una sorta di keynesismo d’antan ‘più spesa più crescita’. L’avanzo primario va all’1,1, percentuale più bassa dal 2011, per una crescita attesa allo 0,6”. Quali sono i margini di manovra da qui all’approvazione del trattato? “Conte e Gualtieri possono puntare a una maggiore condivisione di ruoli tra Mes e Commissione. Qualche passo è già stato fatto: i paesi nordici volevano la ristrutturazione automatica del debito dei paesi che chiedessero l’assistenza del Mes. In ogni caso, bisogna evitare che gli altri vadano avanti senza di noi: il Mes è un’istituzione preziosa, è il ‘prestatore di ultima istanza’ a favore degli stati. E’ una forma di assicurazione nella quale, tra l’altro, il premio più salato, cioè i fondi. lo mettono i paesi più virtuosi, come la Germania. E non i più rischiosi, come l’Italia”.

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