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Se si rimodula la flessibilità d'uscita è inutile tenersi quota 100

Marco Leonardi

Perché l’unica alternativa al rialzo dell’Iva è riprendere la discussione per costruire un sistema pensionistico più giusto

Per capire l’impossibile quadratura dei conti della legge di Bilancio di oggi è utile guardare il Def originale del governo gialloverde dell’aprile di quest’anno.

 

La tabella II.8 del Def di aprile (del programma nazionale di riforma – Pnr – che valuta l’impatto finanziario delle misure della legge di bilancio) ammette candidamente un forte sbilanciamento a favore delle misure per pensioni e reddito di cittadinanza: maggiori spese per 90 miliardi di euro in tre anni. Una spesa quindi del tutto sproporzionata se confrontata con le briciole che rimangono per le altre aree di intervento: le spese addizionali previste per capitale umano e innovazione nei prossimi tre anni saranno poco più di 2 miliardi di euro, ad esempio.

 

Il bilancio preso in eredità da questo governo è costruito su due pilastri, da una parte le spese e dall’altra l’Iva. Se non si vogliono ridurre le spese è inevitabile che prima o poi sarà necessario aumentare l’Iva, magari non quest’anno, ma è solo questione di tempo.

 

Malgrado il tentativo meritorio di questo governo di recuperare l’evasione fiscale (nella manovra sono stati promessi 7 miliardi di recupero dell’evasione) è difficile pensare che il gettito derivante possa essere sufficiente a per finanziare il taglio del cuneo fiscale e/o l’assegno unico per i figli. Per dare respiro alla legge di Bilancio servono entrate permanenti. Infatti, diversamente dalle decontribuzioni del 2015 e 2016 che furono temporanee (e andarono a favore dell’impresa), i tagli al cuneo fiscale promessi oggi dovrebbero essere permanenti (e a favore dei lavoratori). Un’operazione a favore dei lavoratori deve per forza essere permanente perché dopo tre anni non si può andare a dire a un lavoratore che il suo salario netto deve di nuovo scendere perché l’intervento pubblico si è concluso.

 

Stesso ragionamento per l’assegno unico per la famiglia: questo intervento dovrà essere finanziato in maniera permanente, quindi con un aumento Iva o con un taglio a quota 100. L’intervento sulla famiglia non può essere utilizzato strumentalmente per non intervenire sulle pensioni. Dopo aver constatato il fallimento totale della teoria della staffetta generazionale giovani/anziani come giustificazione per quota 100, adesso non vorrei che si sostituisse la giustificazione che “tanto incentiviamo le nascite”. Purtroppo il nostro problema non è tanto il numero di figli pro capite (che comunque non può migliorare nel breve periodo) ma è un dato demografico ovvero il numero di donne in fascia fertile sta scendendo, a riprova che l’unica politica possibile per tenere in ordine i conti delle pensioni è tenere sotto controllo il rapporto tra il numero dei pensionati e il numero dei lavoratori attivi, cosa che quota 100 ha drammaticamente ignorato. Anche solo per questa ragione si dovrebbe agire su quota 100, ma lo si può fare tanto più facilmente quanto più si è in grado di offrire una prospettiva di lungo periodo che garantisca un sistema pensionistico più equo.

 


Una flessibilità di uscita a pagamento, come avviene in Germania, accompagnata con una rete di protezione dell’anticipo pensionistico sociale per disoccupati, disabili, caregivers e altri che non raggiungono i requisiti della pensione sarebbe un’ottima soluzione per il lungo periodo


 

L’unica alternativa al rialzo dell’Iva è riprendere la discussione con le parti sociali per costruire un sistema pensionistico più giusto fondato su due pilastri – rete di assistenza con Ape sociale per chi è disoccupato o lavoratore gravoso e flessibilità di uscita per tutti gli altri. Trovato un accordo, che dovrebbe partire dal 2021, si dovrebbe poter considerare subito superata quota 100.

 

E’ evidente che toccare quota 100 è impopolare ma si dovrebbe riconoscere che quota 100 nel 2021 riguarderà un numero molto contenuto di persone (100/150 mila) ciascuna delle quali otterrebbe un beneficio pro capite di diverse decine di migliaia di euro (40/50 mila). Ma siamo sicuri che ritoccare l’Iva (anche se limitatamente ad alcuni servizi come ristoranti e hotel) che ha una platea di milioni di consumatori – oltre che avere effetti recessivi sui già deboli consumi interni – sia meno impopolare?

 

Se questo governo ha intenzione di rimanere fino all’elezione del presidente della Repubblica nel 2022 deve affrontare subito il problema della spesa pensionistica, altrimenti nell’ottobre 2021 la richiesta di prorogare quota 100 sarà inevitabile; e nessuna forza politica, di fronte a un anno elettorale in cui si elegge il presidente e poi forse si va alle elezioni politiche, potrebbe reggere un innalzamento dell’età pensionabile dai 62 anni di quota 100 ai 67 anni della Fornero.

 

Si dice che quota 100 garantisce quella flessibilità di uscita che l’Ape volontario non garantiva. Bene, quota 100 può rimanere con gli stessi requisiti minimi di 62 anni e 38 di contributi, ma che si preveda da subito nel 2021 la penalizzazione del ricalcolo contributivo. Perché quota 100 (che va al 70 per cento agli uomini) non prevede nessuna penalizzazione mentre opzione donna (58 anni e 35 di contributi), che va avanti dal 2004 e ha pensionato diverse decine di migliaia di donne, prevede tuttora il ricalcolo contributivo? Non c’è nessuna ratio in questa differenza.

 

Il ricalcolo contributivo è un modo naturale per dare la flessibilità di uscita: quota 100 con calcolo contributivo potrebbe diventare la base di un intervento strutturale e permanente su cui “scivolare” a termine di quota 100 dal 2022 in poi (a quel punto si avrebbe anche una stima accurata del tiraggio e del costo di una misura strutturale) . Una flessibilità di uscita a pagamento, esattamente come avviene in Germania, accompagnata con una rete di protezione dell’anticipo pensionistico sociale per disoccupati, disabili, caregivers e lavoratori gravosi che non raggiungono i requisiti della pensione sarebbe un’ottima soluzione per il lungo periodo.

 

Sarebbe difficile a quel punto difendere quota 100 dopo tutto il male che giustamente se ne è detto (temporanea, ingiusta, non supera la Fornero, sguarnisce i servizi pubblici) e con i soldi di quota 100 dal 2021 in poi si potranno finanziare le lodevoli iniziative su cuneo fiscale e famiglia.

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