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Fusioni senza pressioni

Il calo dello spread rende possibili aggregazioni bancarie come quella tra le lombarde Banco-Bpm e Ubi

Milano. Lo scorso autunno la prospettiva di una stagione di aggregazioni bancarie in Italia – benché auspicata dal governo gialloverde con il sottosegretario pentastellato Stefano Buffagni a fare da regista con l’ambizione di coinvolgere anche il Montepaschi di cui lo stato è il maggior azionista – si è rivelata velleitaria a causa anche di uno spread sovrano troppo elevato che aveva creato condizioni di mercato proibitive.

 

 

A distanza di un anno, il differenziale tra Btp e Bund si è dimezzato e l’alleggerimento della pressione sul sistema bancario potrebbe rimettere in moto i giochi, salvo fare i conti con le severe regole di vigilanza europea e gli aumenti di capitale necessari per dar corso alle fusioni. Nelle ultime settimane sono diversi gli studi di mercato, per esempio uno di fine settembre di Morgan Stanley – che hanno sottolineato la “strategicità” di una fusione tra le due banche lombarde, Banco Bpm e Ubi Banca. Al momento si tratta solo di rumor – e lo scenario è tanto difficile quanto al momento poco probabile – ma l’amministratore delegato di Bpm, Giuseppe Castagna, interpellato sul tema, ha dimostrato un’inattesa apertura arrivando a dire che la fusione con la banca guidata da Victor Massiah avrebbe senso come “presidio del nord Italia”.

 

 

Castagna sembra non escludere neanche l’ipotesi di un matrimonio a tre con la banca senese, la quale, però, deve prima di tutto affrontare il difficile percorso della scissione dei crediti a rischio proposto dal Mef alla Direzione concorrenza dell’Unione europea. Ma da cosa dipende tanto ottimismo da parte di Banco Bpm al punto da proporsi come possibile forza aggregatrice? Tutto merito della riduzione dello spread cominciata con il governo giallorosso. Secondo uno studio di Equita, la ex popolare meneghina sarà la banca italiana destinata a beneficiare maggiormente di tale condizione, con una previsione di aumento del 35-40 per cento della sua capacità di remunerare gli azionisti nel 2020. Dunque, Banco Bpm, e le banche italiane in generale, “dovrebbero poter restituire agli investitori parte dei vantaggi della recente compressione dello spread sovrano senza influire sulla generazione di capitale”. Una condizione che pone qualsiasi consiglio di amministrazione nella condizione più favorevole per proporre all’assemblea un progetto di fusione. Sia Bpm sia Ubi hanno rinviato la presentazione dei rispettivi piani industriali. Un indizio, secondo alcuni osservatori.

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