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Banco Bpm e Unicredit, storie parallele di resistenza bancaria

Mariarosaria Marchesano

Messe alla prova da vincoli stringenti e tassi negativi. La Borsa premia la banca di Castagna, delude quella di Mustier

Milano. Un momento difficile per Unicredit e un inatteso scatto in avanti per Banco Bpm. Si tratta di due banche molto diverse per dimensioni e storia: la prima è un grande gruppo alla ricerca di una nuova identità in Europa, con l’ipotesi di dare il via a un riassetto organizzativo; la seconda è un istituto di media stazza uscito rafforzato, non senza pagare un prezzo, dalla fusione col Banco Popolare e dalla trasformazione in società per azioni. Ieri per entrambe è stato il momento del confronto con la Borsa sui conti del primo semestre dell’anno e la reazione è stata di segno opposto in un scenario di mercato segnato dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Gli investitori hanno venduto azioni del gruppo amministrato da Jean Pierre Mustier perché sono rimasti delusi dai risultati inferiori alle attese degli analisti – seppure positivi grazie anche al contributo della cessione di Fineco (la previsione di utile per il 2019 è stata confermata a 4,7 miliardi) – mentre hanno comprato a piene mani la ex popolare milanese guidata da Giuseppe Castagna, incoraggiati dal quasi raddoppio dei profitti dei primi sei mesi rispetto allo stesso periodo del 2018 (593 milioni contro 352 milioni) e dalla promessa di distribuire il primo dividendo post fusione la prossima primavera. A fine seduta, Unicredit ha perso quasi il 5 per cento, il che significa che ha bruciato oltre un miliardo di euro in termini di capitalizzazione, mentre Banco Bpm il 5 per cento lo ha guadagnato.

 

Da agosto 2018 a oggi entrambe le banche hanno perso terreno a Piazza Affari, soltanto che Banco Bpm ha avuto un calo in linea con quello registrato dall’indice del settore bancario (meno 25 per cento), mentre la caduta di Unicredit è stata superiore al 30 per cento. Nelle due storie si rispecchiano – in modo differente – le difficoltà che il settore del credito ha dovuto affrontare nell’ultimo anno. Si sta parlando delle restrizioni normative che la vigilanza europea ha messo in atto per crediti inesigibili e rispetto dei requisiti di solidità patrimoniale e degli effetti collaterali della crisi dello spread sovrano, oltre che dell’erosione dei margini di profitto scontata dagli istituti per depositare la liquidità presso la Bce agli attuali tassi negativi. Quest’ultimo fenomeno è stato evidenziato dagli analisti di Goldman Sachs in un report recente: da quando sono cominciati i tassi di deposito negativi, cioè dal 2014, le banche dell’Eurozona hanno pagato 21 miliardi di euro a Francoforte, ma se a settembre ci sarà un ulteriore taglio del costo del denaro di 20 punti base, si perderanno altri 5,6 miliardi, ovvero il 6 per cento dei profitti di 32 banche europee. E’ chiaro che se questo è lo scenario, il settore del credito è destinato a essere ancora sotto pressione, a meno che la Bce non adotti qualche contromisura per attenuare l’effetto dei tassi negativi.

 

Al di là delle condizioni di contesto, nella valutazione del mercato pesano le prospettive per il futuro. Nella conference call con gli analisti, Mustier non si è sbilanciato sul prossimo piano industriale di Unicredit che potrebbe prevedere consistenti tagli al personale. L’amministratore delegato ha anche precisato che la sede della banca “rimarrà in Italia e il titolo resterà quotato a Milano”, dando così rassicurazioni rispetto all’ipotesi di creare una subholding con base in Germania per riunire le attività estere e di un alleggerimento delle posizioni in Italia. Ma ha rinviato ai primi di dicembre le comunicazioni sul nuovo piano precisando che il gruppo si prepara ad affrontare “qualsiasi scenario di mercato, anche di tipo avverso”. Anche su Banco Bpm, mettono in evidenza gli analisti, peseranno le condizioni avverse in cui la banca si troverà a operare in futuro (tassi ultra bassi, crescita economica quasi a zero in Italia, possibile volatilità dello spread), ma per il momento il mercato premia l’azione di derisking e la capacità di riprendere a generare ricavi.