Foto tratta dal profilo Twitter @lucivescovi

Una prima voce dal Nordest industrioso

Luciano Vescovi di Confindustria Vicenza pone qualche seria domanda sulla crisi

Nel silenzio abbastanza generalizzato delle rappresentanze delle forze produttive, le dichiarazioni di Luciano Vescovi, presidente degli industriali vicentini, sulla crisi politica assumono un certo rilievo. E’ una voce tradizionalmente vivace, che viene dal nordest elettoralmente leghista, ma che non si accoda a nessuna proposta politica precostituita. Vescovi chiede alle forze politiche risposte comprensibili e sostenibili ai problemi economici, e lo fa da un’angolatura precisa: bisogna sostenere la crescita e evitare l’aumento dell’Iva, ma non lo si può fare aumentando ancora il debito, “non ci basta quello che abbiamo già?”. Non fa, in realtà solo domande: punta il dito contro il pubblico impiego che “come sistema, non certo come singoli, è una palla al piede”. Insiste sull’autonomia, probabilmente anche in connessione ai problemi di efficienza dell’apparato pubblico e insiste perché non si torni indietro sulla decisione favorevole al completamento della Tav. Pone poi questioni più strettamente legate all’esperienza imprenditoriale, come quello dei rifiuti industriali (“continuiamo a pagare per farli smaltire all’estero”).

 

Conclude sostenendo che sarà difficile, anche con i lodevoli sforzi di Sergio Mattarella al quale esprime tutta la sua stima, riportare la situazione alla normalità, e indica come “peccato originale di cui nessuno parla e su cui invece il prossimo governo dovrebbe porre mano il prima possibile” il Rosatellum, cioè il sistema elettorale proporzionale, legge “che è stata fatta per non permettere al governo di governare e agli italiani di decidere”. E’ interessante registrare che pur partendo dalle questioni economiche urgenti, Vescovi finisca per indicare soprattutto vincoli politici e istituzionali, le autonomie regionali e il meccanismo di voto. Naturalmente non si tratta di un’espressione politica organica, più che altro è il sintomo di un’insoddisfazione e di una preoccupazione per l’incertezza della situazione. Ma il collegamento stretto tra blocco della crescita, cattiva organizzazione dello stato e ostacoli istituzionali dovrebbe essere preso sul serio.

Di più su questi argomenti: