Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (foto LaPresse)

Il governo Boccia

Renzo Rosati

Intervista al presidente di Confindustria. Che non vuole più assistere ai “balletti dei no”: “Su lavoro e crescita la politica si è distratta. Ora Europa, infrastrutture e puntare sui giovani”

Roma. “Taglio dei parlamentari e migranti sono temi da affrontare ma non rientrano in un quadro di politica economica, in una priorità per il paese” dice al Foglio il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Eppure i cinque punti “irrinunciabili” del segretario Pd Nicola Zingaretti, e i dieci imprescindibili di Luigi Di Maio, sono in apparenza al centro delle trattative. Charles De Gaulle l’avrebbe definito “vaste programme”. Ma non vi si scorge nulla di mediamente decisivo per far ripartire la produzione, la formazione, la crescita. “Sulle questioni del lavoro e della crescita si è distratta una larga parte della politica” osserva Boccia. “Il sud in recessione, l’economia nazionale in stallo e l’arretramento della Germania meritano molta più attenzione. Per questo serve da tempo un cambio di metodo in chiave italiana e europea: stabilire gli effetti che si vogliono ottenere sull’economia reale, decidere quali strumenti utilizzare e individuare le risorse. Per quanto ci riguarda l’obiettivo è creare lavoro anche con un grande piano d’inclusione per i giovani perché è il lavoro il vero elemento di coesione nazionale, non a caso richiamato nel primo articolo della Costituzione. Nell’immediato dopoguerra Angelo Costa, presidente di Confindustria, e Giuseppe Di Vittorio, segretario della Cgil, condivisero la visione che per far ripartire il paese prima ancora che ricostruire le case si dovessero rimettere in piedi le fabbriche”.

 

D’altra parte Matteo Salvini nel tirare l’8 agosto il calcio di rigore nella propria porta ha speso i nomi di esponenti illustri del nord imprenditoriale come Marco Bonometti e Matteo Zoppas, presidenti di Confindustria Lombardia e Veneto. “Zoppas e Bonometti hanno confermato la nostra linea nazionale dell’importanza di una politica per la crescita, il lavoro, i giovani, il rilancio delle infrastrutture. E la necessità che il governo gialloverde senza distinzioni al suo interno assumesse una linea forte e coerente su questi temi. Confindustria è autonoma, apartitica e agovernativa, e giudica i governi dai risultati”.

 

Al Pd e a Nicola Zingaretti viene riconosciuta la storica sensibilità verso l’impresa e i corpi intermedi… “Il punto” risponde Boccia “è cosa si intende fare e se c’è la volontà di interventi organici e ambiziosi, nella consapevolezza della limitatezza dei mezzi. Dobbiamo prendere atto del debito pubblico, che non possiamo ricorrere al deficit per spesa ordinaria, che la politica deve coniugare consenso e sviluppo. L’obiettivo per noi non è tanto fare un accordo per avere un governo o andare alle elezioni, ma capire qual è l’idea di politica economica che ispira l’una o l’altra soluzione, insomma se c’è una strategia complessiva. Non se si condividono 5, 10 o 15 punti”.

 

Per Confindustria era più logico andare alle elezioni anticipate, in tempi e modalità che consentissero di evitare l’aumento Iva e fare una manovra finanziaria figlia di un governo omogeneo? “La questione non è andare al voto o meno. Il punto di partenza, ripetiamo, è quali obiettivi ci diamo, quale idea di società vogliamo realizzare, quali risultati vogliamo conseguire tenendo presente che siamo la seconda manifattura d’Europa e che dobbiamo stare molti attenti a non diventare la terza. Crescita e lavoro devono essere al centro di qualsiasi progetto politico. Per essere ancora più chiari: quale sarà l’orientamento sul taglio del cuneo fiscale, che per noi non può essere oggetto di uno scambio con il salario minimo legale, ma deve servire a rafforzare le buste paga dei lavoratori? Quale sarà l’approccio verso importanti opere infrastrutturali, a partire dalla Gronda? Assisteremo ancora a un balletto dei no o ci sarà una chiara decisione a favore del rilancio delle infrastrutture in chiave italiana ed europea attraverso l’eventuale emissione di eurobond? Le infrastrutture funzionano in maniera anticiclica, collegano persone e territori, aumentano la dotazione di capitale di un paese. Uno studio rivela che tutte le città raggiunte dalla linea veloce dei treni sono cresciute più delle altre. Dovrebbe essere, questa delle infrastrutture, una priorità della politica a partire dalla Tav e passando per la Gronda di Genova”.

 

Il presidente di Confindustria prosegue: “E poi, che cosa si intende fare per rafforzare il nostro sistema industriale? E per creare lavoro per i giovani? Quali sono i progetti su scuola e università di cui in questi giorni però non si parla? E sulla giustizia ci saranno interventi per riportare equilibrio ed efficienza? Non possiamo pensare che si allunghi la prescrizione senza ridurre la durata dei processi, lasciando persone e imprese per anni nell’incertezza. Se un accordo tra forze politiche porterà a un governo con una chiara visione strategica su questi temi, molti dei quali peraltro emersi in modo inequivocabile ai cinque tavoli di confronto con il governo convocati prima della crisi, allora bene, altrimenti si facciano scelte diverse”. Pur nella neutralità politica di Confindustria non è comunque vero che l’isolamento nazionalista propugnato dalla Lega sovranista non fa bene all’economia? “Per noi Europa ed euro non sono in discussione. Noi dobbiamo partecipare alle scelte e alle decisioni chiave per il futuro dell’Europa. Non dobbiamo usare l’Europa come alibi per non intervenire sui nodi interni, in particolare, deficit e debito. Siamo la terza economia dell’Eurozona e la seconda manifattura d’Europa e dobbiamo giocare un ruolo coerente e conseguente con il nostro peso. Per questo dobbiamo puntare a un portafoglio economico rilevante all’interno della Commissione – Concorrenza, Commercio, Industria, Mercato Interno – e a una dirigenza di prima qualità. E sempre per questo l’Italia non può essere periferia d’Europa, rischio concreto se si mette in discussione la nostra appartenenza al progetto europeo e a quello atlantico, ma sfruttare la sua posizione nel Mediterraneo per essere centrale tra Europa e Africa”.

 

Egualmente quanto sono stati dannosi la trascuratezza se non peggio, fino all’insulto, dei grillini verso i “prenditori”, così come i tavoli di crisi accumulati sui tavoli di Di Maio? “Il linguaggio ha conosciuto eccessi da molte parti. Una delle prime cose che ci insegnano in Confindustria è che delegittimare l’altro significa delegittimare se stessi. Per senso di responsabilità verso il paese e rispetto verso le istituzioni abbiamo rifiutato di scendere allo stesso livello di quei finti leader che usano i social e rifiutano il confronto e l’approfondimento sul merito. Il paese ha bisogno di visione, dialogo, anche confronto serrato e non di semplificazioni, presentismo e tattiche da leoni della tastiera”.