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Credete ai decreti che volano?

Quello sulle crisi di impresa ancora non esiste e l’Ilva torna a rischio

I decreti legge durante le crisi di governo hanno, a quanto pare, proprietà fisiche non previste dalla Costituzione. Accelerano, frenano, rimbalzano o, anzi, più probabilmente scompaiono. Indiscrezioni raccolte dal Corriere della Sera nel fine settimana davano come possibile per ieri la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto sulle “crisi di impresa”, sarà forse rimandata al 21 dopo la fiducia sul governo Conte. E’ un peccato che i rumor non trovino riscontro nella realtà e che i decreti non somiglino a dei bolidi ma piuttosto a dei fantasmi.

 

Il decreto crisi di impresa è stato infatti approvato “salvo intese” dal Consiglio dei ministri l’8 agosto scorso e conteneva, tra l’altro, una norma essenziale per rimediare a un pasticcio prodotto dai 5 Stelle con precedente decreto, il decreto crescita, che cambiava gli accordi contrattuali tra lo stato e ArcelorMittal per la gestione dell’Ilva. Il decreto crescita diceva che dal 6 settembre i dirigenti di Arcelor non godranno più della immunità penale e amministrativa garantita loro al momento dell’investimento. Senza un rimedio, il più grande gruppo siderurgico europeo sarà costretto a lasciare lo stabilimento di Taranto e i suoi oltre diecimila addetti. Questo può ancora accadere, se il non ci sarà un’intesa nel Consiglio dei ministri per approvare il decreto né possibilità di rapida conversione in legge.

 

Luigi Di Maio sta provando a salvare l’Ilva, anche se non può dirlo ai suoi elettori, infatti nei suoi post parla di “lavoro a Taranto” non di produzione acciaio. Non è detto che ci riesca. Dopodiché le ambizioni del decreto non erano grandiose. Di Maio voleva concedere 17 milioni di euro di sgravi fiscali alla Whirpool per restare a Napoli: un provvedimento selettivo, a rischio aiuto di stato, che la multinazionale degli elettrodomestici non vuole e quindi delocalizzerà. Le crisi non si fermano anche se si ferma il governo. E soprattutto un paese che ha 158 crisi industriali aperte, può sperare di risolverle una per una? Un numero così grande ha per sostrato dei problemi strutturali, tipo il costo per l’approvvigionamento di energia dell’industria di base. Né M5s né Lega hanno fatto nulla per questo. Spingere i decreti o magari farli volare non è una soluzione.