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Perché Di Maio è fallimentare anche come “cavaliere bianco” di Whirlpool

Alberto Brambilla

La multinazionale americana non ha abboccato all’esca degli incentivi offerti per decreto dal ministro dello Sviluppo economico per lo stabilimento di Napoli e ha detto che venderà comunque il sito

Roma. A marzo Luigi Di Maio ha fatto scappare gli investitori cinesi per Termini Imerese, oggi non riesce a convincere quelli americani a restare nella sua Campania.

La multinazionale americana di elettrodomestici Whirlpool non ha abboccato all’esca degli incentivi offerti per decreto dal ministro dello Sviluppo economico per lo stabilimento di Napoli e ha detto che venderà comunque il sito per convertirlo a produzioni diverse dalle lavatrici, probabilmente frigoriferi industriali.

 

“Whirlpool non ha mai chiesto al governo alcun tipo di intervento per continuare a produrre lavatrici […] l’unica soluzione per mantenere i massimi livelli occupazionali e garantire la continuità aziendale è dare una nuova missione al sito”, ha detto Alessandro Magnoni, ad dell’area Europa e Medioriente di Whirlpool, a Repubblica Napoli.

Il problema sta nel modo in cui il governo ha deciso di volere convincere l’azienda con 420 dipendenti nel sito a non abbandonare la regione dalla quale viene Di Maio, originario di Pomigliano D’Arco.

 

Con il decreto sulle “crisi di impresa” discusso in Consiglio dei ministri martedì vengono concessi fino a 16,9 milioni di contributi addizionali per “le imprese del settore elettrodomestici con un organico superiore alle 4.000 unità e con attività produttive sul territorio nazionale, di cui almeno una in area di crisi industriale complessa”. Il decreto fa in sostanza un ritratto preciso della Whirlpool di Napoli alla quale vengono concessi degli sgravi fiscali. Ma gli effetti della norma possono essere controproducenti. Per come è strutturata, infatti, la misura corre il rischio di essere un chiaro aiuto di stato in violazione delle regole europee perché è riferita a un solo soggetto, si potrebbe dire “ad aziendam”. Il concetto di aiuto di stato è la selettività perché non si riferisce a un settore o a un’area di crisi ma altera la parità di concorrenza. L’apertura di una procedura d’infrazione per aiuti di stato da parte della Commissione europea, in un prossimo futuro, non dev’essere allettante per Whirlpool. In caso l’azienda dovrebbe restituire tutti gli aiuti con gli interessi. Un altro problema è l’opportunità di inserire una norma per un’azienda in un decreto dal momento che non si comprendono i motivi di urgenza. E’ eccezionale che un’azienda chiuda o si trasferisca? Quante altre imprese chiudono senza ricevere sostegno dal ministro?

 

La strategia negoziale di Di Maio è stata fallimentare. Prima aggressiva e poi accondiscendente senza avere alcuna garanzia di successo. Nel giro di pochi mesi ha completamente cambiato idea. In aprile aveva minacciato l’azienda dicendo di volere indietro una parte degli incentivi ricevuti dal gruppo negli anni. Whirlpool ha ricevuto 27 milioni di fondi pubblici, a fronte di oltre 800 milioni di investimenti garantiti dal 2014. Dopodiché, al contrario, ha fatto un’offerta che l’azienda non avrebbe potuto rifiutare ma senza avere la certezza che sarebbe rimasta dalla città. “Grazie a queste risorse Whirlpool non potrà dire che se ne andrà da Napoli. Dovrà però onorare gli impegni che ha preso”, ha detto Di Maio.

Nell’incontro tra governo, azienda e sindacati del 1° di agosto Whirlpool aveva chiarito che 17 milioni di incentivi non avrebbero dato una risposta alla perdita di 20 milioni l’anno che soffre lo stabilimento. E che non riuscirebbe a riassorbirla nemmeno se costruisse a Napoli i prodotti che ora fabbrica in Cina e in Polonia, ovvero arrivando alla sostanziale saturazione degli impianti.

Whirlpool, quotata a Wall Street, a maggio aveva comunicato agli investitori e all’Autorità di Borsa che “intende procedere alla riconversione del sito e vendere l’attività a terzi in grado di garantire continuità industriale e massimi livelli di occupazione” e presenterà un piano a settembre.

Non poteva capitare un “cavaliere bianco” più improponibile di Di Maio per soccorrere le lavatrici di Napoli.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.