Boris Johnson (foto LaPresse)

A Londra arriva l'effetto “no deal”

Mariarosaria Marchesano

La Bank of England non dà il benvenuto a Johnson e taglia le stime del pil. L’analisi di Rosa&Roubini

Milano. La Federal Reserve taglia i tassi d’interesse, anche se i dati dicono che l’economia americana va bene, e a ventiquattr’ore di distanza la Banca d’Inghilterra lascia invariato il costo del denaro anche se l’economia del paese sta rallentando. La decisione della Bank of England (BoE) era attesa, ma colpisce la chiarezza con cui ha indicato la motivazione alla base del taglio delle stime di crescita per quest’anno e il prossimo: “Un no deal danneggerà il pil e la sterlina”, si legge nel verbale della riunione che si è svolta ieri sotto la presidenza di Mark Carney, che dopo sette anni di mandato sarà sostituito in ottobre da un altro banchiere scelto dal neo premier Boris Johnson.

 

 

“Non siamo sorpresi da questa decisione. Si preparano tempi duri e la BoE deve mettere da parte le munizioni. Se avesse tagliato il costo del denaro adesso, seppure in un contesto mondiale in cui le Banche centrali stanno adottando una politica monetaria accomodante, avrebbe ottenuto come effetto di deprimere ulteriormente la sterlina su cui si stanno scaricando tutte le incertezze legate al tema Brexit”, dice al Foglio Brunello Rosa, economista basato a Londra fondatore con l’americano Nouriel Roubini della società di ricerche Rosa&Roubini Associates, che aveva previsto il deterioramento del quadro economico e anticipato la scelta della BoE di lasciare invariato il tasso di riferimento. Secondo Rosa, c’è il rischio che Johnson si troverà in una situazione analoga a quella di Theresa May – cioè con un Parlamento che gli boccerà le eventuali proposte di accordo con Bruxelles e rappresentanti del governo pronti a fargli lo sgambetto alla prima occasione – e questo potrebbe aggravare l’incertezza politica e il rallentamento già in atto. “Quasi ogni aspetto della vita pubblica nel Regno Unito è dominato dalla Brexit e l’economia non fa eccezione – prosegue Rosa – I primi segnali si vedono già: a inizio anno c’è stata una corsa alle scorte da parte delle famiglie e delle imprese in previsione della scadenza del 29 marzo e questo ha determinato un imprevisto calo dei consumi nei mesi successivi, che ha inciso negativamente sulle previsioni di crescita del pil”.

 

 

In effetti, sulla revisione al ribasso delle stime per 2019 e 2020 annunciata dalla Banca d’Inghilterra (1,3 per cento per entrambi gli anni, contro le precedenti 1,5 per cento per quest’anno e 1,6 per cento per il prossimo) ha pesato proprio il segno meno del secondo trimestre, che, in teoria, potrebbe essere l’inizio di una recessione tecnica. “L’economia britannica gode ancora di buona salute, ma la battaglia politica infuria. Il premier Johnson usa toni duri, in realtà è probabile che cerchi anche lui come la May di negoziare co n l’Unione europea, che però, almeno in una prima fase, potrebbe non essere disponibile. Quindi, una consultazione o un secondo referendum sono probabili prima della scadenza del 31 ottobre”, dice l’economista, secondo cui i mercati internazionali hanno percepito che i prossimi tre mesi saranno dominati dallo scontro politico e hanno penalizzato la sterlina, che nei confronti del dollaro quota poco sopra il minimo storico raggiunto due anni fa. Ma proprio la perdita del valore di acquisto di una moneta che è sempre stata forte potrebbe essere un primo test per i britannici quest’estate.

 

“I cittadini in partenza per le vacanze, magari dopo aver cambiato i soldi in aeroporto e pagato le commissioni, si ritroveranno in tasca in euro grosso modo l’equivalente di quanto hanno sborsato in sterline. Così quella fascia di famiglie che destina alle ferie un budget all’incirca di 2.000 sterline, si ritroverà a spenderne 2.500. Capiranno che il cambio con la moneta europea avviene oggi quasi alla pari e potrebbe essere una brutta sorpresa. Lo stesso discorso vale per lo shopping online con prezzi fissati in valuta estera. In futuro, ci potrebbe essere una ripresa del risparmio precauzionale da parte dei britannici, cosa che finora non si è vista perché gli effetti della Brexit non sono mai stati veramente percepiti dalla gente”. Quali conseguenze per le imprese? “L’impatto congiunto di sterlina debole e barriere doganali è destinato a pesare sulle importazioni, soprattutto nell’industria agroalimentare. Il rallentamento degli scambi nel Canale della Manica, che oggi avviene senza barriere, provocherà un rallentamento delle catene produttive con una riduzione di richieste di materie prime e beni strumentali. Così, chi è proprietario di fabbriche nel Regno Unito le sta spostando altrove e chi aveva in programma nuovi investimenti li sta rinviando”.