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L'Italia s'è fermata. E non ripartirà quest'anno

Secondo il Centro studi di Confindustria nel 2019 “difficilmente si potrà andare oltre una crescita dello 0,1 per cento”. A pesare l'andamento della produzione industriale 

Mercoledì l'Istat pubblicherà i dati sul pil italiano nel secondo trimestre. Secondo alcuni analisti, scrive su Twitter Renato Brunetta, la stima di crescita “sarà pari a zero”. Ma, aggiunge, “alcuni esperti stimano addirittura una possibile contrazione”. Insomma, mentre la Camera discute delle “misure di miglioramento dei saldi di finanza pubblica” e Pier Carlo Padoan sottolinea come, adesso più che mai, il governo deve “cambiare radicalmente strada”, le prospettive di questo “anno bellissimo” appaiono sempre più fosche.

 

 

Dopotutto proprio il governo, nel Def, aveva aggiornato le proprie stime per il 2019 passando da una “proiezione di crescita tendenziale dell'1 per cento” a quella dello 0,1 per cento. “Le mutate condizioni interne ed esterne”, spiegava il documento, non permettevano di sperare di più. 

 

E oggi anche il Centro studi di Confindustria ha spiegato che è inutile attendersi numeri diversi. “Negli ultimi due mesi – si legge nell'Indagine rapida sulla produzione industriale di Viale dell'Astronomia – l’attività industriale in Italia ha mostrato una dinamica altalenante, essendo diminuita dello 0,6 per cento in luglio dopo un incremento dello 0,3 per cento nel mese precedente. Sia la domanda interna che quella estera si sono ulteriormente indebolite nell’ultimo bimestre, come confermato anche dall’indagine Istat sulla fiducia degli imprenditori manifatturieri. Nel terzo trimestre si stima una sostanziale stagnazione della produzione, dopo il calo rilevato nel secondo. La debolezza dell’attività industriale contribuisce a frenare il pil anche nei mesi estivi, dopo la stagnazione stimata per il secondo trimestre”.

Ecco allora, prosegue il documento, che “per l’intero 2019 difficilmente si potrà andare oltre una crescita dello 0,1 per cento sul 2018”. 

 

A pesare sull'andamento fiacco della produzione industriale, sottolinea il Centro studi, sia la domanda interna che “non mostra segnali di rilancio, specie nella componente investimenti”, sia quella estera che “risente di un contesto internazionale in rallentamento, soprattutto in Europa”.

  

“In particolare – conclude – preoccupa l’andamento dell’economia tedesca, atteso in ulteriore indebolimento nei mesi estivi. L’indice di fiducia delle imprese in Germania (Ifo) è diminuito per il quarto mese di fila a luglio, scendendo al minimo da sette anni; anche il Pmi manifatturiero tedesco è andato peggiorando, avendo toccato il livello più basso dal 2012. Secondo molti osservatori è elevato il rischio recessione nell’industria tedesca e questo avrebbe ricadute negative sul manifatturiero italiano per la stretta relazione tra i sistemi produttivi dei due paesi, specie nel comparto automotive che è ancora oggi il più penalizzato”.

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