Alessio Rossi. Foto Imagoeconomica

Confindustria manda avanti i giovani. A picchiare il governo

"La nostra pazienza è finita", dice dal meeting di Rapallo il presidente Alessio Rossi: "L'Italia deve essere protagonista in Europa. Servono politiche credibili e non l'illusione di fare deficit senza conseguenze"

Crescita zero, produzione industriale in calo, scarsa attrattività degli investimenti, disoccupazione preoccupante. Parte da questi dati l'analisi del presidente di Confindustria giovani, Alessio Rossi, che da Rapallo ha invitato i partiti di governo ad abbandonare i toni da campagna elettorale per aprire a un confronto costruttivo con gli imprenditori. “Da anni facciamo proposte, ci siamo rivolti a tutti i governi. Stavolta non c'è più niente da aggiungere. Non è che non abbiamo niente da dire, non sappiamo a chi dirlo, perché davanti a noi ci sono solo campagne elettorali interminabili e mai un confronto serio – ha detto Rossi – La nostra proposta al governo è una sola: dobbiamo riattivare una cabina di regia per la crescita, ma stavolta chiamate i protagonisti, non le comparse”.

   

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Il presidente dei giovani di Confindustria ha usato toni meno concilianti di quelli di Vincenzo Boccia, presidente della Confindustria generale, che durante l'assemblea annuale, poco più di due settimane fa, aveva denunciato i fallimenti delle politiche gialloverdi, decidendo comunque di tendere la mano al governo. Anche Rossi ha invitato Lega e M5s alla collaborazione, ma non prima di avere elencato punto per punto le misure che stanno nuocendo all'economia del paese. “Quota 100 ci sta tornando indietro come un boomerang, perché la Commissione europea l’ha messa all’indice. Ma il problema vero è che questa misura genera un paradosso: in uno dei paesi più vecchi d’Europa non si può avere un sistema pensionistico insostenibile. Flat tax e reddito di cittadinanza sono fatte a debito. Riparliamone quando si potranno fare senza sfondare i conti pubblici. Intanto, abbassiamo subito il cuneo fiscale, perché mette più soldi in tasca ai lavoratori e fa ripartire lo sviluppo”, ha detto, aggiungendo poco dopo che “pensare che il problema del debito pubblico sia risolvibile con i minibot è come provarci coi soldi del Monopoli”.

   

Sul decreto crescita e sullo sblocca cantieri, che Boccia aveva commentato come segnali che si mettono “sulla strada giusta”, Rossi non è stato altrettanto morbido: “Sono risposte deboli”. In particolare, parlando del decreto crescita, Rossi ha detto che “forse sarebbe più prudente chiamarlo 'decreto dita incrociate': non abbiamo trovato nel testo lo slancio che avrebbe dovuto avere. E se non c’è nel testo… figuriamoci nei fatti”. 

   

Sulla procedura di infrazione di Bruxelles sul debito: "Non ci stupisce neanche un po’ – dice Rossi – Ci stupisce un po’ di più sentire il nostro premier parlare di 'una sorta di autocorrezione naturale', che dovrebbe mettere al riparo il nostro paese dalla procedura. In attesa del miracolo dell’autocorrezione temiamo, invece, l’autoscontro, se non prendiamo la situazione sul serio".

        

L'importanza di affermarsi come protagonisti all'interno dell'Unione europea è poi il messaggio che Rossi ha voluto, a più riprese, affermare nel suo discorso. “Non vogliamo che l’Italia ingaggi una guerra di posizione con le istituzioni europee. Se è vero che è arrivato il momento di migliorarle, allora dobbiamo smettere di dipingerle come avversarie”. Autonomia sì, “ma solo all’interno di uno stato forte, solo se significa rafforzare la nostra appartenenza all’Unione Europea”. “Le disconnessioni non funzionano in Europa”, ha detto, chiedendo impegni fermi sulle infrastrutture come la Tav e sugli accordi commerciali: “La realtà è che nel 2017, il 30 per cento del pil mondiale è derivato dal commercio globale e dal flusso di investimenti esteri. Tre quarti del commercio planetario avviene tra paesi che non condividono confini: questo significa che per fare impresa non serve essere fisicamente vicini, ma funzionalmente collegati”.

     

Torna infine, anche nella relazione di Rossi, la parolina che spesso viene ripetuta a questo governo, e che ieri anche Mario Draghi ha voluto usare per parlare di Italia: credibilità: “Dobbiamo avere un chiodo fisso: dimostrare affidabilità ed essere credibili”. Repetita iuvant.