Giovanni Tria (foto LaPresse)

Tria nella piaga

Redazione

Correggere gli 80 euro e aumentare l’Iva è un tabù per gli affabulatori populisti

Intervistato da Rai 3, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha interrotto l’escalation di promesse irrealizzabili che il duo Di Maio-Salvini si gioca agli sgoccioli della campagna elettorale, magari per proseguire in quella successiva, politica. Sempre che l’Italia non abbia ben altri problemi urgenti, una resa dei conti imposta non tanto dall’Europa quanto dai mercati.

 

Tria dunque ha riportato la questione fiscale al principio di realtà. E come primo punto ha demolito il proposito di Di Maio di usare un miliardo di euro non utilizzato per il reddito di cittadinanza “per finanziare famiglie in difficoltà”. “Non sappiamo cosa sia questo miliardo”, ha detto Tria. “Se si spenderà meno lo vedremo a fine anno, né certo queste spese possono essere portate all’anno successivo”. Ridicolizzato Di Maio, il ministro ha parlato del bonus di 80 euro di Matteo Renzi, poi rimodulato dal governo Gentiloni. “E’ tecnicamente fatto male, va riassorbito nella fiscalità generale”, dice Tria, riconoscendo di fatto che il bonus non fu una mancia elettorale ma un incentivo al reddito da lavoro del quale beneficiano oggi 11,7 milioni di dipendenti, il 54 per cento del totale, per 9,5 miliardi.

 

Ad agosto il ministro aveva detto che per trasformare il bonus (decrescente fino 26.600 euro di stipendio) in una riduzione Irpef occorrerà tagliare qualcosa dalle 636 agevolazioni fiscali che valgono 75 miliardi. Anche questo è corretto. E potrebbe indicare la soluzione alla questione Iva: non ha senso trascinarsi di anno in anno la zavorra europea né opporsi per principio a ogni aumento. Specie se le alternative si chiamano default e patrimoniale. Un aumento selettivo e una redistribuzione da una fascia all’altra sarebbero logici, soprattutto su beni voluttuari ai quali nessuno rinuncia, tipo gli smartphone. Attualmente l’aliquota Iva ordinaria è del 22 per cento, più che in Francia e Germania ma meno che nei paradisi sovranisti di Ungheria e Polonia, oltre che in Scandinavia, Portogallo, Irlanda. Un po’ di Iva in più, mirata, per evitare il peggio e preparare una riduzione realistica delle tasse sui redditi (gli 80 euro insegnano) non può essere un tabù. Da economista Tria lo ha sempre detto. Ed è più è vero se il tabù è totem elettorale.

Di più su questi argomenti: