foto LaPresse

Il decreto per sterzare dalla recessione ricicla (male) le ricette del Pd

Renzo Rosati

Misure copia-incolla, cifre minime (2 miliardi) e ridicole note illustrative che sembrano propaganda da convegno. Provaci ancora, Di Maio

Roma. Con l’Italia in recessione e disoccupazione in aumento, già acquisite; e ultimo paese per crescita nelle stime di tutti gli organismi internazionali nonché per Banca d’Italia e Confindustria, c’è bisogno del promesso e mai attuato intervento della cavalleria del governo. Che suona la carica inviando un primo squadrone: il “decreto crescita”, un documento di 73 cartelle trasmesso il 2 aprile da Palazzo Chigi a tutti i ministeri e alla Ragioneria dello stato, nei fatti stilato al ministero dello Sviluppo economico di Luigi Di Maio e sottratto dai suoi tecnici a quelli del ministero dell’Economia di Giovanni Tria. 

 

Ieri è approdato nella riunione preparatoria del Consiglio dei ministri di oggi. L’altro intervento è lo “sblocca cantieri” promesso dalla Lega, del quale si sono persi dettagli e tempi. La costante dei provvedimenti gialloverdi è dare per scontato il risultato nel titolo: dopo il “decreto dignità” e lo “spazza corrotti” ecco dunque il “decreto crescita”. Che a esplorarne i dettagli è uno svuotamento di cassetti del Mise per rilanciare in parte misure degli odiati governi precedenti ma fin qui accantonate per il cambiamento – bonus ricerca, Industria 4.0, finanziamenti agevolati alle imprese che investono in beni strumentali (la legge Sabatini, ribattezzata “nuova Sabatini”), finanziamenti a piccole e medie industrie attraverso i piani individuali di risparmio, tutela del made in Italy –, norme alle quali si aggiunge l’estensione delle rottamazioni di multe e tasse per comuni e regioni che non si servivano di Equitalia: provvedimento rimasto al palo nel precedente condono leghista-grillino.

 

Il decreto (de)crescita non fa però venire in mente l’epica invasione della Gallia di Cesare. Si tratta di 1,6 miliardi impiegabili su periodi che arrivano anche al 2025, frazionati in 34 capitoli: un decimale di pil, un terzo di un anno di reddito di cittadinanza. Nel decreto spiccano le due relazioni, tecnica e illustrativa. Le prime abbondano in righe, aggettivi e slogan; anche in inesattezze. Già dal provvedimento forse più atteso, gli sgravi per gli ammortamenti: la relazione tecnica (due righe) parla di “inserimento di un tetto al di sopra del quale il beneficio non spetta per la parte eccedente”. Però la relazione illustrativa (12 righe) cerca di spiegare che “si tratta in realtà di una maggiorazione del 30 per cento considerando un periodo di 7 anni”. Anche l’Ires agevolata (l’imposta sulle società) dei governi del Pd viene modificata, cioè ridotta nel campo di applicazione. Ma la relazione tecnica impiega 43 righe per dire che si tratta di un intervento “semplificatorio” che interviene solo sugli utili effettivamente accantonati, infine rinvia a circolari attuative del ministero dell’Economia. Sulla tassazione agevolata del “patent box”, i redditi generati da brevetti hi-tech e beni immateriali, la relazione illustrativa si dilunga per un’intera pagina giusto per dire che si tratta di un campo “altamente tecnico” che va precisato. Poi però non lo precisa e stabilisce un controllo da affidare all’amministrazione finanziaria. Perfino sull’estensione a San Marino della fatturazione elettronica la tecnica (una riga) si scontra con la debordante vocazione spiegazionista in 25 righe: inclusa la sottolineatura della “peculiarità degli scambi italo-sanmarinesi”. Quanto alla “nuova Sabatini”, sei righe di relazione tecnica (che parla di dotazione finanziaria invariata) e 40 di relazione illustrativa, che invece prevede l’aumento da 2 a 4 milioni del finanziamento massimo. L’inventiva si scatena nello “sblocca investimenti idrici nel sud”, nella illustrazione dell’“economia circolare” (“l’obiettivo è accompagnare i processi di transizione del sistema produttivo fornendo sostegno alle attività che desiderano ripensare e/o riconvertire il modello produttivo al fine di consolidare la presenza nelle catene globali del valore”), in titoli tipo “Smart & Start e Digital Transformation”, ovviamente nello “Sviluppo territoriale sostenibile”, mentre sulla tutela del made in Italy alziamo le mani: “La relazione illustrativa è tuttora in fase di elaborazione”. Qualcuno la chiamerebbe supercazzola.

Di più su questi argomenti: