La sindaca di Roma Virginia Raggi a Piazzapulita (foto LaPresse)

Il salva Roma non salva il governo

Redazione

Il dl crescita è un’accozzaglia di mance elettorali e regolamenti di conti inutili

Dopo averlo covato per quasi un mese il decreto crescita, approvato dal governo “salvo intese” il 3 aprile, torna oggi in Consiglio dei ministri in una versione che più che a salvare il paese dalla stagnazione mira a evitare la rottura Salvini-Di Maio elargendo soldi pubblici a pioggia: l’intervento pubblico da 2,5 miliardi sui debiti di Roma, urgente per il M5s, si estende ai comuni a rischio dissesto di destra e sinistra, poco importa il motivo.

  

Nel pacchetto dovrebbero entrare anche il prolungamento senza scadenza del prestito statale ad Alitalia, i risarcimenti ai risparmiatori cosiddetti truffati dalle banche, dei quali verrebbe soddisfatto intanto il 90 per cento (per il restante ecco commissione “indipendente”), una seconda tranche di rottamazione e cancellazione di multe e tributi locali.

 

Per la crescita propriamente detta rimangono dunque il ripristino di agevolazioni già operanti con i governi del Pd (il superammortamento per l’acquisto di beni strumentali), l’aumento della deducibilità Imu sui capannoni, mentre non compaiono più la stabilizzazione del credito d’imposta alla ricerca e le garanzie per i mini-bond che dovevano finanziare le piccole imprese. Entità della crescita stimata, 0,1 per cento del pil, 1,7 miliardi.

 

A un mese dalle europee l’interesse dei due litigiosi partner di governo è distribuire, non investire. La rinegoziazione a carico delle casse pubbliche, cioè dei contribuenti, degli interessi sui 12 miliardi di debito del Campidoglio, magari con l’intervento della solita Cassa depositi e prestiti, serve a Virginia Raggi almeno a scansare i guai non giudiziari, ma nella versione “o tutti o nessuno” escogitata da Matteo Salvini diviene un salvataggio di cittadinanza, con tanti saluti alla buona amministrazione già vanto della Lega al nord.

 

Secondo la grillina Laura Castelli il salvataggio di Roma, e a questo punto degli altri comuni, “sarà un risparmio perché si salvano i servizi”. Almeno la Dc di De Mita e Pomicino non si vergognava delle mance elettorali. E a proposito di mance: ricordate le campagne, via web e sui giornaloni, contro gli 80 euro di Renzi? E queste come le chiamiamo?