Christine Lagarde, presidente del Fmi (foto LaPresse)

Fmi, Ocse e Ue sono preoccupati per l'Italia. Ma Conte no

Senza un uso intelligente della politica fiscale, l'economia italiana sarà più esposta alle conseguenze dell'instabile contesto internazionale. Le parole di Lagarde, Juncker e Dombrovskis

Parlando oggi a Washington, il direttore generale del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde ha detto che oltre il 70 per cento dell'economia mondiale è in una fase di rallentamento, mentre solo due anni fa il 75 per cento registrava una crescita. Non ci sarà una recessione globale nel breve termine, ma in un contesto così delicato, precario e instabile, per usare le parole della stessa Lagarde, "la realtà è che molte economie non sono sufficientemente resilienti". Difficile non scorgere un riferimento implicito all'Italia, quando il direttore del Fmi dice che "l'alto debito pubblico e i bassi tassi di interesse hanno lasciato un margine di manovra limitato per quando arriverà la prossima recessione, che inevitabilmente arriverà. Per molti paesi ciò implica fare un uso più intelligente della politica fiscale che, a sua volta, significa trovare il giusto equilibrio tra crescita, sostenibilità del debito e obiettivi sociali".

     

Le parole del Fmi arrivano nello stesso giorno in cui il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha espresso la sua perplessità per i dati poco incoraggianti sulla crescita italiana: "Sono leggermente preoccupato perché l'economia italiana continua a regredire e auspico che le autorità facciano sforzi supplementari per mantenere in vita la crescita economica dell'Italia". Juncker ha incontrato questa mattina il premier Giuseppe Conte e con lui ha parlato non solo di economia, ma anche di Tav – “E' un'opera tecnica e non ideologica”, ha ricordato – e di migranti. Sul fronte economico, il presidente della Commissione Ue ha chiarito che, rispetto a quanto stimato nel Def, la crescita dovrà essere rivista al ribasso. "Siamo d'accordo sul quadro generale del bilancio italiano, ma abbiamo pensato che la crescita sarebbe stata dell'ordine dell'1 per cento e oggi sappiamo che questo dato deve essere rivisto”. Quanto in basso però è un aspetto su cui le visioni sono discordanti. Per l'Ocse, l'Italia chiuderà l'anno in recessione, fermandosi al meno 0,2 per cento nel 2019, secondo quanto spiegato nel rapporto pubblicato ieri. Il governo ha però respinto queste previsioni, dicendosi fiducioso di restare sopra lo zero, anche se di poco. Un concetto che Conte ha ribadito questa mattina al segretario generale Ocse, Angel Gurria, incontrato poco dopo il colloquio con Juncker a Palazzo Chigi: “Il governo resta critico” sulle valutazione espresse nel rapporto dell'Ocse, ha detto lo stesso Gurria a proposito del confronto con Conte. L'esecutivo italiano continua a difendere le sue scelte economiche nonostante le osservazioni delle organizzazioni di mezzo mondo e ancora questa mattina Conte ha ripetuto che la politica fiscale adottata è "espansiva ma responsabile". Sulla scia del “sappiamo dove stiamo andando” che il vicepremier Luigi Di Maio ha sostenuto ieri, Conte ha detto che “il governo italiano aveva previsto il rallentamento (economico mondiale), e per questo ha elaborato una manovra che vuole perseguire una politica fiscale espansiva ma responsabile, approvando misure sociali anche fondamentali di cui il paese necessitava da troppi anni per ristabilire equità sociale".

   

Per l'Italia però sarà difficile sfuggire al contesto globale di rallentamento che preoccupa non solo il Fmi ma anche l'Ue. Proprio questa mattina il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha detto a Strasburgo che "i dati che continuano ad arrivare dopo le previsioni economiche d'inverno suggeriscono che il rallentamento dell'economia europea continua e potremmo avere anche una crescita ancora più lenta nelle previsioni di primavera". In ballo ci sono "tutte le economie più grandi", ha precisato Dombrovskis. Germania, Francia, Regno Unito e "specialmente Italia".