Mike Manley presenta la nuova Jeep Compass al Salone dei Motori di Ginevra (Foto LaPresse)

L'ipotesi di nozze tra Peugeot e Fca dice che l'Auto cerca un leader

Ugo Bertone

Avanza l’idea di una unione franco-americana per conquistare la Cina. Il ceo Tavares diventa l’uomo delle quattro ruote globali

Milano. “Se si presenterà un’altra occasione, noi della famiglia senz’altro non lo freneremo. E Carlos lo sa”. Sono bastate queste parole in un’intervista all’Echos di Robert Peugeot, il rappresentante più autorevole di uno dei clan familiari più importanti del mondo a quattro ruote, per scatenare la corsa all’acquisto sui titoli Fiat Chrysler che hanno chiuso la giornata in rialzo del 5 per cento abbondante, con un guadagno più che doppio di Peugeot e dell’indice del settore auto, ieri il più brillante del mercato.

 

Agli occhi degli operatori il messaggio di Robert, 69 anni, presidente della holding di famiglia – lo stesso ruolo che nella dinastia Agnelli è coperto da John Elkann – è suonato forte e chiaro: il gruppo Peugeot, rafforzato dallo “storico” successo dell’acquisizione di Opel, intende crescere ancora, assecondando i piani di “Carlos” Tavares, l’ex numero due di Carlos Ghosn in Renault che ha guidato lo sbarco oltre Reno di Peugeot, già in cattive acque, oggi così forte da poter pensare al ritorno in forze sul mercato americano. “Con nuove alleanze qualora dovesse presentarsi l’occasione”, aveva aggiunto lo stesso Tavares al salone di Ginevra, suscitando l’attenzione di Mike Manley, il manager che Exor ha insediato alla testa di Fiat Chrysler. “Noi siamo aperti – aveva risposto l’artefice del boom di Jeep – ad ogni accordo che renda Fca più forte”.

 

Insomma, le parole dell’ingegner Robert, uno che parla di rado, cadono su un terreno già arato dai manager. Per carità, l’entusiasmo della Borsa per un eventuale merger tra i due gruppi per tradizione più forti nelle piccole cilindrate, è senz’altro prematuro anche perché non mancano le alternative a Fca: il quotidiano francese cita, tra gli altri, Gm (la “preda” invano inseguita a suo tempo da Sergio Marchionne), e Jaguar Land Rover controllata dal gruppo Tata. Non è la prima volta, però, che le banche d’affari suggeriscono un’integrazione tra i due gruppi: a una fusione italo-francese, già battezzata “piano Eiffel” hanno lavorato in passato Mediobanca, Ubs ed altri advisor.

 

Ma tanti segnali lasciano intuire che stavolta le avances di monsieur Robert potrebbero non cadere nel vuoto. A partire dallo stato di salute delle due aziende e, non meno importante, degli azionisti storici. Sia Ffp, la holding di casa Peugeot, sia Exor godono di buona salute. Ma in entrambi i casi il rapporto tra la holding e le controllate dell’auto è evoluto. I Peugeot, che hanno ampiamente diversificato le proprie attività, non sono più gli unici soci di riferimento del gruppo in cui sono ormai affiancati dai soci cinesi di Dong Feng e dallo stato francese. Così come Fiat Chrysler, ormai separata da Ferrari e impoverita dalla cessione di Magneti Marelli, non è più l’unico cuore dell’impero di casa Agnelli.

 

Inoltre, a favorire un’integrazione è la geografia: Fca è ormai una casa americana (con un’appendice in Brasile) laddove Psa è molto forte in Cina. Assieme, poi, i due gruppi potrebbero dettare legge in alcuni segmenti della domanda, approfittando della maggior massa critica per accelerare la necessaria transizione all’elettrico. Ma, forse, l’elemento che fa più pensare ad un possibile matrimonio sta in cima alla catena. Carlos Tavares, l’uomo che ha sfidato Ghosn in casa Renault senza esserne stritolato e che ha vinto la partita tedesca che Marchionne non ha potuto giocare per il “no” di Angela Merkel, è oggi l’unico autentico potenziale erede di super Sergio, l’uomo che ha sparigliato le carte in un mercato di giganti. Un mercato in cui le grandi case tedesche e cinesi minacciano di dominare la scena in un settore in piena trasformazione che resta, come diceva il compianto numero uno di Fiat Chrysler, un drogato affamato di capitali. Oggi più che mai, insomma, ci vuole un leader. E le grandi famiglie l’hanno capito.

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