Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria (foto LaPresse)

Debito e crescita. Banca d'Italia smonta la manovra dei sogni

Redazione

“L'impatto previsto dei provvedimenti è elevato”, ha detto in audizione il vicedirettore generale Signorini davanti alle commissioni Bilancio

L'ordine del giorno ufficiale recitava “ore 11.30 Audizione Banca d'Italia”. In realtà, quando il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini ha preso la parola davanti alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, tutto il programma era già saltato. Prima di lui, sulla stessa poltrona, si era infatti seduto il ministro dell'Economia, Giovanni Tria. Tante domande (da parte di onorevoli e senatori), poche risposte, molti auspici. Dopotutto da giorni la linea del governo è chiara: lo spread è salito ma non è “esploso”, la manovra non è stata ancora presentata, mercati e Ue stanno reagendo a indiscrezioni e, più dei fatti, pesa l'incertezza. Quando il governo chiarirà meglio i contenuti della finanziaria, tranquillizzano i gialloverdi, la tempesta passerà. E in ogni caso, le stime di crescita inserite nel Def sono prudenziali e saranno superate dalla realtà. Ci credete? Bene. Non ci credete? Affari vostri, cambierete idea.

  

Tra quelli che non credono molto al futuro radioso descritto dal governo gialloverde c'è proprio Banca d'Italia. Nel suo intervento Signorini non nasconde le perplessità dell'istituto. E prova a indicare anche una strada possibile per evitare che l'intero sistema imploda.

 


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Si comincia dalle stime sulla crescita e dall'impatto dei provvedimenti del governo sul pil. “L’impatto previsto di questi ultimi – spiega Signorini – è elevato; la stima del governo presuppone che i valori dei moltiplicatori delle misure espansive siano superiori a quanto generalmente stimato per l’Italia e che le misure delineate nella Nota forniscano uno stimolo all’attività già fin dai primissimi mesi dell’anno. Per una valutazione più compiuta occorrerebbero dettagli, non ancora disponibili, sulla composizione, sul disegno e sulle modalità di attuazione delle misure, incluse le relative coperture”.

 

Insomma, è ancora presto per fare valutazioni compiute, ma intanto qualcosa si può dire. Anzitutto, si può sottolineare, come fa il vicedirettore generale di Banca d'Italia, che “l’aumento dei trasferimenti correnti – quali quelli connessi con la spesa sociale –, così come gli sgravi fiscali, tendono ad avere effetti congiunturali modesti e graduali nel tempo”. Il riferimento è sia al reddito di cittadinanza che all'intervento sulle pensioni. Il primo, in particolare, non deve in alcun modo “disincentivare l’offerta di lavoro”.

  

“Determinante a questo fine - prosegue il rappresentante di Banca d'Italia - è il livello del beneficio rispetto al salario potenziale che il lavoratore sarebbe in grado di guadagnare sul mercato; possono essere studiate, anche sulla scorta di esperienze di altri paesi, forme opportune di modulazione. La questione è importante non solo per valutare l’impatto congiunturale della misura sul prodotto e sull’occupazione, ma soprattutto per affinare lo strumento in una prospettiva di più lungo termine”.  

In ogni caso, ricorda Signorini, “gli elementi di condizionalità a cui il beneficio dovrebbe essere legato (in particolare la sua decadenza dopo un certo numero di offerte di lavoro) non potranno operare efficacemente se non con un adeguato potenziamento dei centri per l’impiego”.

  

Per quanto riguarda le pensioni, invece, l'obiettivo finale deve necessariamente essere “preservare la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico, oggi un fondamentale elemento di forza delle finanze pubbliche italiane”. 

Signorini parla anche dei “proventi attesi da dismissioni stimati in 0,3 punti percentuali del prodotto all’anno nel 2019 e nel 2020”. E aggiunge: “La Nota non fornisce dettagli sulle dismissioni che si intende attuare. Negli ultimi due anni e nei primi nove mesi del 2018 gli introiti da dismissioni mobiliari sono stati trascurabili”. 

    

Il problema del debito

Ma è soprattutto sul debito che si concentra l'attenzione di Banca d’Italia. In particolare sulla “capacità della finanza pubblica di far fronte all’aumento della spesa determinato dall’invecchiamento della popolazione”.

“La Nota sottolinea giustamente che le riforme pensionistiche introdotte negli ultimi venti anni hanno significativamente migliorato sia la sostenibilità, sia l’equità intergenerazionale del sistema pensionistico italiano. È fondamentale – spiega Signorini – non tornare indietro su questi due fronti, soprattutto quando – come viene messo in evidenza dalle ultime previsioni di lungo periodo della Commissione europea sulla spesa connessa all’invecchiamento della popolazione – i rischi per la sostenibilità dei conti pubblici aumentano anche a causa del peggioramento delle proiezioni demografiche”.

  

Chi paga?

L'avvertimento per il governo arriva sul finale, quando Signorini ricorda che “il debito è oggi detenuto per circa due terzi da soggetti e istituzioni italiane; ma ciò non lo isola dalla logica del mercato, che cerca il rendimento e fugge l’incertezza”.

“Le oscillazioni del suo valore – sottolinea – esercitano i propri effetti anche sui soggetti italiani, famiglie, imprese, istituzioni finanziarie, che lo detengono. In ultima analisi al debito pubblico fa riferimento una parte importante del nostro risparmio. Una minore valutazione dei titoli di Stato in portafoglio incide sui requisiti patrimoniali delle banche; oltre certi limiti, può ridurne la capacità di offrire credito all’economia.

 

“Ridurre il divario di crescita rispetto all’Europa, come è scritto nella Nota, è un obiettivo fondamentale; è necessario anche per mettere sotto controllo il rapporto tra debito e prodotto – conclude –. Una crescita più sostenuta e una maggiore coesione sociale non sono in contrasto con la disciplina di bilancio. Risultati duraturi si possono conseguire percorrendo la strada della ricomposizione del bilancio pubblico: con una più alta quota degli investimenti produttivi, una più equa ripartizione del carico fiscale, una maggiore capacità perequativa dei trasferimenti pubblici. Tali risultati presuppongono anche interventi strutturali, per incidere sulla capacità di fondo dell’economia italiana di crescere di più, al di là degli stimoli di breve durata. Ogni miglioramento conseguito, grazie all’intervento pubblico, sul fronte del reddito e della sua distribuzione sarà tanto più solido quanto più fondato su solide coperture di bilancio; quanto più accuratamente disegnato per tener conto degli incentivi a creare reddito e lavoro, la via più certa per combattere la diffusione della povertà”.

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