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Ecco quanto costerà un mutuo dopo l'aumento del deficit

Alberto Brambilla

Danza macabra. Crescita del rischio, downgrade, stretta creditizia, nuovi finanziamenti più cari. Con la #Manovradelpopolo l’élite si rifarà sulla classe media

Roma. Nell’Europa occidentale, durante il tardo medioevo, si diffuse l’iconografia della danza della morte, o danse macabre. Nelle arti letterarie e pittoriche è la rappresentazione di una processione con figure viventi e morte: i viventi sono disposti in ordine di rango, dal papa all’imperatore, dal contadino all’eremita, e gli scheletri danzanti li conducono alla tomba. L’esultanza di Luigi Di Maio dal balcone di Palazzo Chigi, assieme ai parlamentari del M5s, per avere fissato con la complicità della Lega il deficit di bilancio al 2,4 per cento – incuranti dell’andamento dello spread e della dimensione del debito pubblico – ricorda quell’allegoria. Con la differenza che a ballare verso la tomba non sono i nobili (l’élite che si vorrebbe combattere) ma il “popolo” (che invece si dice di aiutare), inteso come quella fascia intermedia della popolazione che ha un lavoro da dipendente e che rischia la sorte di quelli nell’Apocalipse dipinta da Hieronymus Bosch.

   

Le conseguenze a cascata della #Manovradelpopolo sono prevedibili. Un declassamento del merito di credito da parte delle agenzie di rating è molto probabile dopo l’aumento del deficit. S&P’s dovrebbe rivedere il giudizio il 26 ottobre. Moody’s arriverà lo stesso mese e ha già messo il giudizio sotto osservazione in negativo. Entrambi hanno rating di sole due tacche sopra il livello “junk”, a rischio elevato. Dbrs, la più generosa verso l’Italia, è preoccupata dalla visione di breve termine di alcune misure. Per dare un giudizio le agenzie aspettavano un numero indicativo dell’azione di governo, il livello di deficit può bastare: l’Italia darà loro l’occasione di lucidare una reputazione appannata dalla crisi mostrando di essere affidabili. Le conseguenze si trasmetterebbero al settore bancario. Gli istituti più deboli, come Carige e Monte dei Paschi di Siena, avrebbero difficoltà a finanziarsi. Anche i più forti come Intesa Sanpaolo risentirebbero di un downgrade perché sono così grandi da essere considerati una proxy, ovvero paragonabili, al paese stesso. Inoltre, se lo spread Btp-Bund dovesse aumentare ancora – e niente fa pensare che arretri visto un probabile scontro tra Roma e la Commissione europea in sede di esame della legge di Bilancio – le banche si troverebbero a dovere scaricare sui clienti i maggiori oneri che dovrebbero affrontare.

  

“Da quando il governo ha spaventato gli investitori con la sua bozza di contratto in cui si parlava di cancellare 250 miliardi di Btp comprati dalla Bce – ha ricordato Luigi Belluti, presidente di Assiom Forex – lo spread è salito di 100-120 punti base, ma le banche hanno aumentato i tassi dei prestiti alle imprese in media di soli 20 punti base, cioè uno 0,2 per cento”. C’è dunque ancora margine di aumento: finora le banche si erano trattenute, grazie alla moral suasion di Banca d’Italia, ma se aumenteranno i costi di finanziamento sul mercato per loro, faranno di tutto per evitare amare ricapitalizzazioni.

  

Quali sarebbero le conseguenze di una stretta creditizia completamente endogena e auto-inflitta dal governo lega-stellato? Chi ha un mutuo in essere e sarà fortunato da mantenere un lavoro e uno stipendio non deve temere. Chi invece accenderà un mutuo nuovo potrà vedere trasferirsi l’onere dello spread sul tasso del prestito. Ipotesi: se una famiglia accende un mutuo di 130 mila euro a trent'anni, ora paga un tasso del 2 per cento, interessi da 250 euro su una rata mensile di 550 euro. Se il tasso passasse al 3 per cento pagherebbe 375 euro di interesse su una rata da 632 euro. Significa pagare circa 80 euro in più al mese (pari al bonus renziano per i lavoratori dipendenti) con un onere maggiorato di 960 euro l’anno. Le banche poi potrebbero manovrare le commissioni sulla disponibilità dei fondi, sulla possibilità che la banca fornisce al cliente di avere o utilizzare un fido, colpendo anche famiglie o imprese con prestiti esistenti. L’élite sa difendersi, trasferendo il fardello al popolo. Il governo ha dato un serio alibi per farlo.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.