Carige fa le mosse giuste per evitare il bail-in?

Redazione

Il mercato s’interroga sugli strumenti messi in campo dalla banca ligure per rafforzare il capitale di vigilanza, tra cui un’obbligazione subordinata da circa 200 milioni, e scongiurare soluzioni estreme

di Luigi Tramontana, Banca Akros

 

Anche se la cessione dei crediti deteriorati e le altre iniziative di de-risking venissero effettuate entro la fine dell’anno, non sarebbero sufficienti a raggiungere l’obiettivo di un rafforzamento del capitale di vigilanza. Il total capital ratio di Carige resterebbe al di sotto dei requisiti richiesti dalla Banca centrale europea. La banca dovrebbe, perciò, riuscire a emettere un prestito subordinato per aumentare il capitale sotto altre forme, tuttavia questo oggi appare piuttosto difficile in un mercato in cui le condizioni per le banche italiane sono cambiate. Tanto per fare un esempio, una recente emissione di Monte dei Paschi rende oggi circa il 14 per cento e può contare su un rating superiore a quello di Carige. Dunque, per la banca ligure un’emissione obbligazionaria con un costo a due cifre potrebbe risultare troppo onerosa da sostenere a meno che non ci sia l’impegno dei principali soci a sottoscrivere il prestito.

(Ndr: è un sì con riserva)

No

di Mario Comana, Università Luiss

 

Pulizia di bilancio ed emissione del prestito obbligazionario sono due passi difficili e necessari, ma non sufficienti per assicurare un percorso di rilancio di Carige: sono solo un passo intermedio per evitare un insostenibile bail-in. Non si salva una banca solo con interventi in negativo o ripristinando il minimo di capitale regolamentare (anche la collocazione di un bond subordinato da 200 milioni mi pare una “mission impossible” con lo spread a 300). Occorre una strategia compiuta di riposizionamento e di rilancio del business, ma questo a sua volta presuppone il sostegno di congrue risorse patrimoniali. E dato che l’eventualità di un aumento di capitale di mercato è remota, il percorso di risanamento non può che puntare a un atterraggio morbido su un robusto partner. Difficile però individuarlo oggi con le incertezze sul debito sovrano: gli intermediari italiani devono valutare la loro adeguatezza patrimoniale in funzione dello spread; gli stranieri vogliono prima capire dove andrà il nostro paese. Con le acque così agitate è impossibile individuare la rotta verso il porto sicuro.

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