Foto LaPresse

Genova finis mundi

Redazione

Non solo ponte. Il governo rischia grosso da una (nuova) crisi di Carige

Non solo il ponte Morandi, con il decreto che il ministro grillino Danilo Toninelli dice di avere “scritto con il cuore”, ma che per l’ennesima volta dovrà essere rifatto “magari con il cervello” (Giovanni Toti, governatore ligure ed esponente di Forza Italia più vicino alla Lega). Non solo il Terzo valico, al quale il M5s ha bloccato i finanziamenti benché sia completato al 60 per cento. Due giorni fa i genovesi hanno contestato Toti e il sindaco leghista Marco Bucci, e costretto Toninelli a restare barricato in prefettura. Mentre ieri 500 operai del Terzo valico hanno picchettato, a Roma, il ministero per protestare contro una cancellazione che mette in pericolo 2.400 posti di lavoro ed un collegamento cruciale tra Genova ed Europa.

 

La via crucis genovese si allunga alla Carige, banca simbolo della città fino al mese scorso al centro di una guerra tra l’industriale emiliano Vittorio Malacalza e la cordata di imprenditori legati alla città. Guerra vinta dal primo, ma con l’istituto che ha perso in un anno il 72 per cento di capitalizzazione, discesa che si è fatta rovinosa dopo l’approvazione della Nota di aggiornamento al Def: mentre lo spread schizzava da 240 a oltre 300 punti il titolo ha sofferto più degli altri bancari, rimettendoci 90 milioni su 392. Oggi i nuovi vertici di Carige (il presidente Pietro Modiano e l’ad Fabio Innocenzi) volano a Francoforte per incontrare Danièle Nouy, capo della Vigilanza della Bce, alla quale chiederanno una proroga alla ricapitalizzazione dopo la bocciatura notificata il 14 settembre. Carige rischia grosso se non trova al più presto un partner dalle spalle larghe: avremmo una crisi bancaria in piena area Lega, dopo la grancassa leghista e grillina su Etruria e Mps. E Genova potrebbe perdere la pazienza e fare saltare la maggioranza gialloverde.