Quando i mercati sono ostaggio della politica

Mariarosaria Marchesano

Esternazioni incontrollate fanno scappare gli investitori. Parlano Caselli (prorettore Bocconi), Saitta (Intermonte) e Previtera (Banca Akros) sul perché le Borse reagiscono male 

Milano. "Ai miei studenti dico spesso che oggi il pericolo non è nella finanza ma fuori. Dieci anni fa erano le dichiarazioni dei ceo delle grandi banche a condizionare l’umore dei mercati. Oggi sono le esternazioni dei capi di governo. Siamo di fronte a un cambiamento epocale nel rapporto tra politica e mercati finanziari”. Lo dice il pro-rettore agli Affari Internazionali dell’Università Bocconi, Stefano Caselli, che analizza con Il Foglio un fenomeno che, come dimostra il caso dei dazi americani, “non è di forma ma di sostanza”. Le nuove misure protezionistiche che peseranno sul commercio mondiale sono state introdotte praticamente via twitter da Donald Trump. All’inizio sembrava una delle sue boutade, ma poi il presidente americano i dazi li ha imposti per davvero. “Ecco, questa modalità, completamente sconosciuta finora, apre una nuova fase in cui la politica spiazza la finanza attraverso due nuovi canali: le esternazioni, anche sui social network, e i contratti di governo mentre fino a ieri si occupava di leggi e proposte di legge”. Si potrebbe obiettare che non c’è da rimpiangere i tempi in cui l’epicentro dei terremoti finanziari erano banche d’affari come Lehman Brothers. “Ma da quel momento governi e Banche centrali sono dovute intervenire per rimediare ai disastri imponendo regole molto rigide al funzionamento dei mercati. Oggi la finanza ha gli anticorpi, quel che è avvenuto nel 2008 è difficile che si ripeta”. Dunque, può scaturire dalla politica il rischio di una nuova crisi mondiale? “Mettiamola così – dice Caselli – i mercati sono disinteressati al colore del governo in carica, ma non apprezzano quando da questo arrivano segnali contrastanti. Uno stato dovrebbe comportarsi come una grandissima società quotata che fa molta attenzione a ciò che comunica soprattutto in materia di deficit pubblico”. 

   

Il riferimento non è casuale visto che c’è voluta una lunga e intervista del ministro del Tesoro, Giovanni Tria, al Corriere della Sera per ribadire l’impegno in tema di euro e debito pubblico dopo i messaggi contraddittori inviati nei giorni precedenti dai componenti del suo governo che avevano gelato i mercati. E qui nascono alcuni interrogativi sui motivi che stanno deprimendo Piazza Affari. Il dato è oggettivo: dal 7 maggio, giorno in cui si è evidenziata la possibilità della formazione di un governo Lega-5 Stelle, a oggi la Borsa italiana ha perso circa l’11 per cento, vanificando i guadagni accumulati da inizio anno. Cose simili, fa notare Caselli, non sono avvenute in Spagna, seppure in presenza di una crisi secessionista, ma stanno cominciando a succedere in paesi che sembravano immuni come la Germania. Ma davvero le Borse sono diventate subalterne alla politica?

   

Lo chiediamo direttamente a due operatori di lungo corso, che di governi e di crisi dei mercati ne hanno visti tanti. Massimo Saitta è direttore investimenti di Intermonte advisory e gestione e racconta che da qualche tempo ormai vive giorni complicati, impegnato com’è a interpretare dichiarazioni estemporanee e twitter su settori dell’economia. Non solo. “Le elezioni in Baviera a ottobre, le middle election negli Stati Uniti e le europee della prossima primavera sono scadenze che dobbiamo tenere in forte considerazione prima di decidere le strategie di investimento del prossimo futuro”. Ma non ha sempre funzionato così? “I fenomeni geopolitici avevano un potere di condizionamento inferiore, adesso generano molti più dubbi”. 

   

Gli esperti dicono che Piazza Affari quota a sconto rispetto ai suoi valori reali e che gli investitori esteri stanno scappando. Non potrebbe essere questa un’occasione per allocare capitali? “Se mi chiede se ci sarà un rimbalzo, le rispondo di no. Alcuni fattori esterni impediscono di fare previsioni nel lungo periodo. Parlo anche della fine della politica monetaria, di un nuovo periodo di protezionismo, dei flussi migratori nell’Ue, del calo dei paesi emergenti”. Insomma, tra politica interna e fattori esogeni è una nuova, indecifrabile epoca.

   

Francesco Previtera, capo della ricerca di Banca Akros, spiega che ormai esiste un nuovo termometro per valutare lo stato di salute dell’Italia ed è il differenziale del tasso d’interesse dei bond biennali con quelli della Spagna. Parametro attendibile come lo spread con i titoli tedeschi decennali. “E’ una assoluta novità – dice Previtera – Il differenziale è pari a un punto percentuale che è indice di forte volatilità per il nostro paese”. E che cosa ne pensa della sottostima degli attuali valori della Borsa italiana? “Dai nostri studi emerge che il price erning, cioè il parametro che misura il rapporto tra prezzo delle azioni e gli utili è pari a 11,1 mentre la media europea è di 12,9. Facciamo poco peggio della Borsa tedesca dove questo rapporto è pari a 11,7”. I fattori che stanno più influenzando i corsi azionari? “Ne potrei citare diversi come l’incertezza sulla Gacs per le banche, il divieto di pubblicità per le società dei giochi, i provvedimenti sul Jobs Act. E poi, molti investitori esteri sono alla finestra. Vogliono verificare come sarà attuato il contratto di governo, al di là delle dichiarazioni rassicuranti del ministro dell’Economia Tria”.