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Alla fiera europea dell'acciaio

Redazione

Perché ArcelorMittal rinuncia a impianti buoni per la malconcia Ilva

Con il via libera della Commissione europea sull’acquisizione di Ilva da parte di ArcelorMittal presto saranno rimescolate le carte nel settore siderurgico europeo. Per poter completare l’acquisto dell’impianto di Taranto, il più grande d’Europa a ciclo integrato con una capacità di 10 milioni di tonnellate (ma potrà arrivare al massimo a 6 milioni di tonnellate nelle more della realizzazione di tutti gli interventi del piano ambientale) ArcelorMittal dovrà mettere in vendita una serie di asset che vale quasi 7 milioni di tonnellate di acciaio prodotto (senza contare quello lavorato) così da non avere una posizione dominante.

  

Tenere sotto controllo il polo di Taranto vale per ArcelorMittal dunque la cessione di altri sei impianti più piccoli in Europa: Italia (Piombino), Romania (Galati), Skopje (Macedonia), Repubblica ceca (Ostrava), Lussemburgo (Dudelange), Belgio (Liegi). Sommando la capacità di produzione di quattro di questi (quelli di cui è disponibile il dato: Dudelange, Ostrava, Galati e Piombino) si arriva a 6,7 milioni di tonnellate di acciaio.

  

  

Tanto è disposto a cedere il colosso per rilevare Ilva che, nel febbraio 2017 , lo stesso ceo di ArcelorMittal Europe, Geert Van Poelvoorde, definì in una “condizione disastrosa” dal punto di vista produttivo e di skill professionali. All’apparenza non sembra un grande affare. La partita di Ilva per ArcelorMittal – alla quale sarà concesso dalla Commissione l’affiancamento di Cassa depositi e prestiti in quanto socio finanziario e non industriale (quindi senza impatto sulla capacità siderurgica europea) – si mostra quindi come un posizionamento strategico per occupare il sito di Taranto purché non siano altri a potersi accomodare sulle fornaci più grandi del continente, per quanto malandate siano ora.

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