(Foto LaPresse)

Italia modello alta velocità. Il caso Italo

Claudio Cerasa

Concorrenza, efficienza, investimenti. Così il nostro paese può correre come un treno

Piuttosto che perdere tempo con dei vandali che sognano di aprire l’Italia come una scatoletta di tonno, bisognerebbe dedicare un po’ di attenzione a una grande storia italiana, che ci dimostra in modo inequivocabile che il benessere di un paese è direttamente proporzionale alla sua capacità di aprirsi al mercato. La grande storia italiana che meriterebbe di essere messa al centro dei ragionamenti della nostra classe dirigente è quella che, grazie all’apertura dei mercati voluta nel 2007 dall’allora ministro Pier Luigi Bersani, ha dato alla prima compagnia privata di treni d’Europa (Ntv) la possibilità di ricevere oggi un’offerta miliardaria per la sua acquisizione (2,4 miliardi di euro, compresi i debiti, pari a 450 milioni), e ha permesso all’Italia di dimostrare in modo plastico alcuni concetti basilari che andrebbero inseriti in cima all’agenda del prossimo governo: la competizione produce efficienza; l’efficienza genera qualità; la qualità stimola la concorrenza; la concorrenza attira investimenti; le liberalizzazioni generano risparmi su risparmi.

 

Negli ultimi sei anni (Ntv ha iniziato a operare nel 2012) le cose sono andate così. L’apertura del mercato ha reso il settore più competitivo (oggi Italo gestisce il 30 per cento del business dell’Alta velocità). Ha fatto crescere la domanda (i passeggeri dell’alta velocità sono aumentati del 100 per cento dal 2012 a oggi). Ha abbattuto i costi dei biglietti (dal 2012 a oggi sono diminuiti del 40 per cento e tra i sette paesi dell’Unione europea che dispongono di linee di Alta velocità i treni italiani sono quelli più economici). Ha migliorato la sicurezza (secondo il rapporto Railway Safety Performance in the European Union del 2016, i treni italiani sono i più sicuri d’Europa insieme con quelli tedeschi). E ha dato la possibilità al nostro paese di far nascere un’azienda totalmente privata specializzata in treni ad Alta velocità che dopo aver avuto molte vicissitudini nella sua fase iniziale, dovute anche alla difficoltà con cui è stato aperto il mercato (nel 2014 Ntv stava per chiudere), oggi si ritrova con un margine operativo lordo del 64 per cento superiore rispetto all’anno precedente (l’Ebitda rettificato oggi è pari a 155,7 milioni di euro) e può legittimamente ambire a essere uno dei grandi player del settore anche in vista di un appuntamento importante, quando nel 2020 la legislazione comunitaria imporrà a tutti i paesi dell’Ue di fare quello che l’Italia ha già fatto: liberalizzare le tratte nazionali dell’alta velocità.

   

  

La lettera con l’offerta da 2,4 miliardi di euro inviata lunedì pomeriggio agli azionisti di Ntv (Luca Cordero di Montezemolo, Flavio Cattaneo, Intesa Sanpaolo, Diego Della Valle, Generali, il fondo Peninsula) dal fondo di investimento americano Global Investment Partners (entro le 17 di oggi il fondo attende una risposta, Ntv, che venerdì quoterà in Borsa il suo 40 per cento, probabilmente rilancerà, ma al momento la risposta dei soci sembra essere indirizzata più sul sì che sul no) contiene però un messaggio che supera il perimetro dell’operazione commerciale e che ci dice una cosa semplice. Le preoccupazioni legittime che ci possono essere fuori dall’Italia per le elezioni del 4 marzo non impediscono al nostro paese di essere considerato un contesto in salute nel quale vale la pena investire molti miliardi (i soci di Ntv, finora, hanno investito 1,2 miliardi di euro, gli americani offrono il doppio di quella cifra).

   

E i contesti in cui gli investitori stranieri sono disposti a spendere molti soldi sono quelli in cui la politica non perde tempo con le stupidaggini sovraniste e accetta molto semplicemente di aprire il mercato e di combattere per l’efficienza. Senza concorrenza – ce ne accorgiamo ogni giorno quando prendiamo un autobus – l’Italia ha la possibilità di essere fottuta. Con la concorrenza – ce ne accorgiamo quando viaggiamo sull’Alta velocità – l’Italia ha la possibilità di correre come un treno. Il 5 marzo, chiunque avrà vinto, conviene non dimenticarselo e ripartire da qui.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.