Un autobus Flixbus (foto Wikipedia)

Così Flixbus dà una lezione di concorrenza ai suoi detrattori

Maria Carla Sicilia

La Marozzi, compagnia che opera in Puglia, opta per un piano b che prevede 81 licenziamenti. Tra le proteste dei sindacati

Roma. Se c’è una lezione da imparare dalla saga pugliese di Flixbus è che la concorrenza genera concorrenza, a danno di chi la osteggia. L’ingresso della compagnia low cost nel mercato italiano aveva sollevato preoccupazioni ed era finita in Parlamento, con diversi emendamenti che puntavano a mettere fuori gioco Flixbus. La provenienza geografica dei parlamentari firmatari, però, lasciava intuire che il vero terreno di scontro non era l’Italia, ma la Puglia. Regione dove opera Marozzi, azienda del gruppo barese Vinella ben rappresentata all’interno dell’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori, che ha come presidente il capo del gruppo, Giuseppe Vinella. 

 

Ora che il tentativo politico di boicottare Flixbus è archiviato e che la multinazionale è libera di operare, la Marozzi ha optato per un piano B che prevede il licenziamento di 81 persone (su 92 assunti). La versione presentata in una lettera ai dipendenti è che la concorrenza di nuovi operatori ha messo in difficoltà gli affari sottraendo clienti e fatturato: “Una grave e stabile contrazione dei ricavi” non lascia altra scelta che “la totale cessazione dell’esercizio diretto delle autolinee statati” e “la conseguente riduzione del personale”.

 

La contrattazione con i sindacati è in corso da novembre e martedì la vertenza è arrivata a Roma, dove si è aperto un tavolo presso il ministero dei Trasporti. L’offerta di mediare attivando diverse forme di ammortizzatori sociali è stata respinta e la Marozzi ha confermato la volontà di volere mantenere solo undici dipendenti, impegnandosi tuttavia a “favorire nuove opportunità di assunzione in altre realtà imprenditoriali”. Una scena del crimine perfetta, con Flixbus che sembra mettere fuori mercato la sua prima vittima. 

 

Ma i bilanci della società, garantiscono i sindacati, sono in utile, e gli autobus viaggiano pieni. “Più che una crisi aziendale, il piano della Marozzi sembra una ristrutturazione mascherata per potersi ricollocare sul mercato con una struttura organizzativa più snella”, dice al Foglio Eliseo Grasso, coordinatore nazionale della Fit Cisl per il trasporto pubblico locale. Una struttura che ricorda molto da vicino il modello Flixbus. 

 

A sostegno di questa tesi ci sono almeno due fatti. Il primo è che per effettuare il servizio di trasporto sono indispensabili delle autorizzazioni pubbliche rilasciate dal ministero, autorizzazioni che non servono più se l’intenzione è chiudere l’attività, ma che al momento la Marozzi sembrerebbe non voler restituire al ministero. Il secondo è l’essersi assunti l’impegno di ricollocare gli 81 lavoratori. “Il sospetto che abbiamo – dice Grasso – è che già da tempo abbiano attivato rapporti commerciali con altre aziende sui vari territori”. Esternalizzare i dipendenti e riassumerli attraverso altre società permetterebbe alla compagnia pugliese di trasformarsi in una piattaforma che offre servizi di viaggio senza avere autisti assunti direttamente. Come fa Flixbus.

 

Ma la vicenda ha anche una valenza politica. Dopo aver insistito per vie legislative scontrandosi con la volontà del governo di tenere sul mercato la concorrenza, la Marozzi ci riprova e porta sul tavolo del ministero un fascicolo con 81 persone che rischiano il lavoro, con tutte le conseguenze sociali che la questione comporta, specialmente sul territorio pugliese, dove risiedono almeno la metà dei dipendenti. “Siamo al culmine di una battaglia che si è consumata già da tempo nei rami del Parlamento e che riguarda l’intero settore”, ricorda Grasso. Per questo gli altri operatori hanno gli occhi puntati sul caso: “I risultati di questa vertenza hanno una rilevanza nazionale e creano un precedente interessante per le altre compagnie”.

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