Il presidente della Bce Mario Draghi (foto LaPresse)

Forza Draghi

Redazione

Il via libera della Corte tedesca all’Omt è soltanto l’ultimo bollino su una strategia sacrosanta e finora vincente. A maggior ragione sono da ascoltare i consigli più scomodi del governatore agli stati europei allergici al cambiamento

Forte della sentenza favorevole di ieri mattina emanata dalla Corte costituzionale tedesca sulla legittimità del programma di acquisto di titoli di paesi in crisi Omt (Outright monetary transaction) deciso dalla Banca centrale europea nel 2012, Mario Draghi si è presentato poche ore dopo a Bruxelles alla Commissione economica del Parlamento europeo. Chi si aspettava che la Brexit fosse l’argomento chiave di domande e risposte, come accade in queste ore per quasi tutte le autorità politiche ed economiche mondiali, è forse rimasto spiazzato: la Bce è sì “pronta a ogni evenienza”, ma  Draghi ha preferito lanciare di nuovo la palla avanti, in particolare su due questioni. La prima: la politica monetaria accomodante dell’Eurotower ha favorito una ripresa nell’Eurozona “che sta prendendo slancio”, e che nel 2016 dovrebbe segnare più 1,6 per cento e salire di un decimale nel biennio successivo; però “si tratta di un recupero ciclico” dopo la crisi quasi decennale. “Perché diventi strutturale”, ha aggiunto il banchiere centrale, “servono riforme, appunto, strutturali”.

 

Seconda questione, osserva Draghi, gli investimenti sono in ripresa come specchio di un ritorno dei consumi, però mancano ancora all’appello quelli di lunga durata e soprattutto pubblici, i quali restano al di sotto del 10 per cento rispetto ai livelli pre-2007. Insomma il presidente della Bce torna a chiamare in causa i governi, senza invaderne il campo, ma indicando dove si dovrebbe soprattutto investire – energia, trasporti, economia digitale – e come trovare le risorse prosciugate dagli alti debiti in paesi come l’Italia: riducendo la spesa pubblica non finalizzata al lavoro e all’economia. In che modo? “Per esempio migliorando i sistemi fiscali e giudiziari, e semplificando gli apparati statali inefficienti”. Sembra addirittura ovvio, ma è ormai noto che dal famoso “whatever it takes” (“faremo tutto il necessario”) di quattro anni fa – ora pienamente legittimato dalla Corte tedesca – Draghi non parla a caso. Prendere nota a futura memoria, per quanto ci riguarda.

 

Quanto alla sua personale partita, il presidente della Bce, dopo essere stato sotto tiro da parte della Germania e dei suoi alleati, sia nelle stanze dell’Eurotower sia sui media tedeschi, dà la sensazione di averla vinta. La Bundesbank non lo attacca più come un tempo, il credito in Germania circola fin troppo, e nella media europea il costo del denaro per il consumo e per le imprese medio-grandi è sceso allo 0,75 per cento, il minimo storico. Draghi ha dimostrato di essere tra i pochissimi leader europei ad avere una visione giusta, e saperla applicare. Ora però si diano da fare i governi.

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