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Draghi, scrollatosi la Brexit di dosso, soffia sulle ferite bancarie italiane

Marco Valerio Lo Prete
I mercati hanno retto al voto inglese. Le banche non sono solo finanza. L’apertura cauta al paracadute pubblico.

Roma. I mercati finanziari hanno parato il colpo della Brexit e per sostenere le banche in difficoltà non va escluso un paracadute pubblico. Gli operatori di Piazza Affari giovedì hanno voluto fermarsi al bicchiere mezzo pieno descritto dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, senza indugiare sulle subordinate ben più caute che pure sono state pronunciate a Francoforte. Così la Borsa di Milano si è aggiudicata la maglia rosa tra i listini europei, in rialzo a più 0,25 per cento, trainata dai titoli bancari.

 

Ma cosa ha detto davvero Draghi nella prima riunione della Bce successiva al referendum inglese del 23 giugno scorso? Che i mercati finanziari “hanno reagito in maniera piuttosto resistente al voto sulla Brexit”, che “non abbiamo visto alcun tipo di malfunzionamento e questo anche per l’abbondante liquidità disponibile e per tutti i preparativi messi in campo dalle Banche centrali per fornire linee di liquidità aggiuntive”. Inoltre, in riferimento alle stime dell’impatto della fuoriuscita di Londra sulla crescita reale, “credo si sia parlato di un 0,2-0,5 per cento in meno di crescita nei prossimi tre anni”. Non un Armageddon. Poi però il presidente della Bce ha aggiunto che “dovremmo prendere tutte queste stime con grande cautela”: “L’incertezza è prevalente e il risultato alla fine dipenderà da quanto ci vorrà per completare i negoziati” tra Londra e Bruxelles.

 

Capitolo banche. I titoli del settore, nel Vecchio continente, hanno perso all’incirca il 20 per cento da inizio anno. Perdite che non sono soltanto sulla carta, ha ricordato Draghi: i corsi azionari “sono di una certa importanza per chi deve decidere le dinamiche delle politiche perché, se tutto dovesse restare così, il costo del capitale aumenterebbe e il rendimento netto sul lending diminuirebbe e questo potrebbe portare a comportamenti più cauti sugli impieghi”. Tanto peggio, dunque, per un’economia bancocentrica come quella europea. Insomma, cari europei, bando alla retorica anti banchieri, tenetevi da conto i vostri istituti di credito. Qualcosa è stato fatto, qui è il Draghi maestro d’orchestra di Vigilanza e Unione bancaria che parla: “Basta una cifra, in media il Cet 1 (Common Equity Tier 1, parametro che misura la solidità di una banca, ndr) delle banche vigilate direttamente dalla Bce era del 9 per cento nel 2012, ora è del 14”.

 

Si rincorre però un passaparola: peggio della Brexit, c’è lo stato periclitante delle banche italiane. Poco disfattismo: “I crediti deteriorati in Italia sono un grande problema e ci vorrà tempo per risolverlo, come ci è voluto tempo ovunque”. Al governo Renzi tocca favorire “un mercato fluido e funzionante per gli Npl (non performing loans, ndr). Rivedere la legge sui fallimenti, certo, ma giovedì gli osservatori si sono concentrati su altro, cioè sull’apertura di Draghi a “un paracadute pubblico, se necessario, quando ci sono condizioni straordinarie”. Ma la decisione “dev’essere presa d’accordo con l’Ue”. La Bce rimane “pronta” a ulteriori stimoli monetari, ma per parlarne seriamente siamo tutti rinviati a settembre.