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Sapessi com'è strano un delfinario a Milano

Maurizio Milani

L’Innamorato fisso (dei siti Unesco) ha nuove proposte per valorizzare angoli belli e segreti della città

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Ciao Maurizio. Amo gli animali, a casa ho tre cani e quattro gatti (vanno d’accordo, nonostante le apparenze). Non si può fare niente a Milano, a livello Unesco, per gli animali? Grazie, e vai avanti così.

Teresa, Milano

A Milano nessuno lo sa, ma c’è un delfinario abusivo. Attivo dal 1971. Non è mai stato chiuso. Anche perché non si capisce a quale autorità spetti di buttar via la chiave. Provvisto di cinque delfini e cinque orche marine. Gli spettacoli sono quattro, tutti i giorni. Gli istruttori dei delfini sono dieci fratelli australiani e dieci fratelli sudafricani (che poi lo dicono loro di essere fratelli). Ma nel caso degli australiani uno ha 52 anni e l’altro 16, sono in costume tutto l’anno in quanto il delfinario è sempre aperto.

 

Vicino al delfinario c’è il canile municipale di Milano (già sito Unesco, nel 1981, poi revocato nel 1985). Le tribune del delfinario di Milano possono ospitare diverse migliaia di persone. A questo punto diciamo la verità a chi non è di Milano. Il delfinario di Milano è dentro il velodromo Vigorelli, mitico luogo del ciclismo su pista, abbandonato per anni. Ecco l’idea di un imprenditore di trasformarlo in delfinario. A oggi non è ancora stato trasferito, nonostante le lamentele di alcune donne anziane che abitano al quinto piano di via Arona. Quando l’orca salta per prendere la palla muove 21.500 metri cubi d’acqua. Se sei sul terrazzo lo schiaffo d’acqua ti tira giù. Per questo motivo le case valgono il 95 per cento in meno. Le istruttrici del delfinario sono le più belle donne di Milano. Vado lì solo per vedere loro. Dispiace che fanno fare il cretino al delfino che comunque sembra contento. E poi a questo punto dove va. Se lo molli al largo di Gibilterra rischia di essere preso da un altro delfinario. Esiste anche un altro delfinario in regola a Milano ma non ci va nessuno. In quanto dovendo stare a tutti i regolamenti vigenti in pratica i delfini non possono nemmeno dire “Ti amo” all’istruttrice. Cosa che invece vediamo nell’abusivo. Il comune vorrebbe aprire altri 10 delfinari nelle città ma trova resistenza sia dagli abitanti dove lo fai sia da chi è contro.

 

Milano è conosciuta nel mondo anche, anzi soprattutto, come la città dei bocciodromi. Non esiste via che non abbia uno o più campi di bocce. In tutte le famiglie milanesi lo stesso. Tutti hanno uno o più giocatori di bocce. Ecco allora l’esigenza di un nuovo golden camp. L’attuale può ospitare 52 mila persone con quindici campi da bocce. Qui si svolgono stabilmente i mondiali dal 1872. Siccome adesso c’è circa un milione di metri quadri di area Expo vuota, la proposta di noi del Circolo bocciofila piazza Bausan è semplice. Fare tutto bocciodromo. Un campo di bocce è circa 60 metri quadri (15 per 4), dieci 600 metri quadri, cento 6.000 metri quadri, mille 60 mila metri quadri, diecimila 600 mila metri quadri. Ecco sì, 10 mila nuovi campi di bocce servono a Milano per la sempre maggiore richiesta di praticare questo sport. Anche le scuole devono dotarsi di minimo 5 campi a testa. I rimanenti 400 mila metri quadri servono per gli spazi divisori tra campo e campo, per i bar (20), le tribune, uffici stampa, magazzino delle bocce, spogliatoi per le ragazze pon-pon che prima di ogni gara entrano in scena. Se questo verrà fatto l’Unesco ha già detto: “Sì! I bocciodromi di Milano saranno siti Unesco. E’ chiaro che se uno ha la mano sudata e nel bocciare gli scappa una boccia e dal campo 1 finisce sul campo 31, andando a toccare le bocce di quella gara, si deve rifare tutto. Su questo l’Unesco è d’accordo. Se però uno tra il pubblico si mette a correre nudo tra i campi di bocce, l’Unesco è stato chiaro: “Come vi abbiamo inserito come sito, così vi togliamo”.

 

La casa dei bachi da seta a Milano è l’unica rimasta sul pianeta. Si trova in via Amici del canto 31. E’ una cosa normale, però subito colpisce il numero di cassetti. Ne apri uno e ci sono i bachi da seta. Antica tradizione lombarda di guadagnare un po’ di più, integrando il lavoro normale di insegnante. Un baco da seta fa un chilo di seta, per cui se ne tieni 100 ne fa un quintale. Al giorno. La seta allora veniva pagata 5.000 lire al chilo. In un giorno guadagnavi 500 mila lire senza far niente. All’inizio del ’900 era come adesso guadagnare 150 mila euro, per cui non so perché non lasciavano libero il posto di insegnante. Tenete conto che l’investimento iniziale era modesto, un baco da seta costava una lira. Questa era una vera start-up. Poi con l’industria dei filati sintetici è saltato tutto. Speriamo l’Unesco ne tenga conto. Ma penso di sì.

 

L’Unesco poi non può far finta di niente in merito al cortile delle lucertole. Situato alla periferia di Milano, questo cortile è famoso nel mondo, perché ci sono ben 230 specie di lucertole. In pratica tutte quelle conosciute. C’è la lucertola del Lambro; dello Zambesi, dei Carpazi; delle isole Fiji etc.

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