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L'intervista

Il rapporto difficile con gli insegnanti, poi il successo e la cattedra a NY. Intervista a Jago

Mario Leone

Secondo lo scultore per molti l'insegnamento è un ripiego rispetto a quello che avrebbero voluto fare e questo si riversa negativamente sugli alunni, ma ammette: "È un mestiere molto difficile e non mi reputo un buon docente"

Jacopo Cardillo detto Jago. Artista e scultore, classe 1987, originario di Anagni, comune in provincia di Frosinone noto per aver dato i natali a papi illustri quali Gregorio IX, Alessandro IV, Bonifacio VIII ma ancor più per lo “schiaffo” ricevuto da quest’ultimo, raccontato anche da Dante nel XX canto del Purgatorio come un oltraggio a Cristo stesso.

Anche la storia di Jago inizia con uno “schiaffo”, quello che infligge nel 2010 al mondo accademico abbandonando le Belle Arti di Frosinone. “Non ho mai amato la scuola perché sin da bambino sapevo quali erano le mie capacità e che cosa volevo fare”. Una consapevolezza che rende difficoltoso il suo percorso formativo. “Quando hai le idee chiare, tutto il resto sembra togliere del tempo a quello che vuoi fare nella vita”. Jago cresce in una famiglia di insegnanti: la mamma è docente di Arte, la nonna pure. Il papà è architetto. La scuola è a tema anche tra le mura domestiche e, con il passare degli anni, si esplicita il malessere dell’artista verso questa istituzione. Il culmine si raggiunge quando frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Frosinone. All’età di 24 anni Vittorio Sgarbi lo invita alla 54esima edizione della Biennale di Venezia per esporre il busto in marmo di Papa Benedetto XVI. Una chiamata che non va a genio al suo docente di riferimento in Accademia: “Voleva arrogarsi il diritto di decidere se fossi pronto o meno a esporre in un contesto così importante. Ovviamente ho fatto di testa mia”. Un affronto che suscita le ire del professore. Il rapporto con l’istituzione è ormai compromesso e Jago è costretto a lasciare gli studi. “Non era il caso continuare – dice l’artista – adesso posso dire che è stato un bene”. Con questo racconto Jago non vuole sostenere l’inutilità di un percorso formativo, ma solo riportare il suo vissuto. Al contrario, quando incontra i giovani li invita a studiare e perfezionarsi perché “la scuola è un bene prezioso”.

Rimaniamo un po’ interdetti perché il rapporto professore-discente è in crisi e spesso sfocia nella violenza. Jago chiarisce il suo pensiero: “Oggi i ragazzi hanno davanti una prospettiva di vita profilata dai social, una realtà inesistente che genera solo ansia da prestazione e timore di sbilanciarsi. Ve lo dico io che ho iniziato sfruttando le potenzialità dei social. I ragazzi non si sorprendono delle piccole cose quotidiane, hanno la percezione che tutto sia impossibile e quindi cadono in depressione”. E la scuola con i suoi docenti? “Il docente dovrebbe saper ascoltare e incarnare quello che insegna. Il vero professore lo riconosci dal fatto che si emoziona quando parla del suo lavoro e vede nei ragazzi un materiale umano da scolpire per farne un capolavoro”. Un mestiere difficilissimo che richiederebbe una “selezione molto dura e un attento studio della personalità dell’aspirante docente”.

Lo scultore non usa mezzi termini. “Molti fanno gli insegnanti perché è un sano e semplice ripiego rispetto a quello che avresti voluto fare. Quando ripieghi inevitabilmente porti in quella professione il non essere riuscito a fare altro e questo si riversa sui tuoi alunni. Poi ci sono docenti innamorati del loro lavoro, ma non possono farlo nel migliore dei modi a causa di colleghi frustrati e burocrazia invadente. Tutto questo ricade sugli alunni che vengono anche incolpati di non voler fare nulla”. Jago lo sa perché ha l’esperienza della cattedra. La più prestigiosa è quella in America presso la New York Academy of Art dove ha tenuto una masterclass e una lecture nel 2018. “È un mestiere molto difficile e non mi reputo un buon docente; le esperienze che ho fatto sono state molto complesse perché la mia idea di insegnante è rinascimentale: una persona risolta dal punto di vista dell’apprendimento e capace di trasferire la propria cultura”.
 

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