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Avanti problemismo

La necessità di un vero riformismo. Intervista al nuovo direttore della rivista il Mulino, Paolo Pombeni

Maurizio Crippa

“Nell’attuale contesto polarizzato vi è una tendenza della sinistra a voler ‘preconizzare' il futuro, a schierarsi su una linea precostituita. Invece credo che per arrivare a modificare le cose occorrano molti passaggi, molto lavoro, molta pazienza". Cambio di passo, tra riforme istituzionali e idee

“Noi siamo per il problemismo”, dice con un guizzo ironico nella voce il professor Paolo Pombeni, storico e politologo emerito dell’Alma Mater Studiorum, eletto qualche giorno fa nuovo direttore della rivista il Mulino dopo una competizione (l’altro candidato era Piero Ignazi) particolarmente combattuta e serrata nell’esito. “Siamo per il problemismo”, spiega al Foglio Pombeni, è in realtà una celebre espressione di Giuseppe Federico Mancini, giurista e giuslavorista e tra i fondatori della rivista, anno 1951. Anni di forte contrapposizione politica e delle idee, al gruppo del Mulino veniva chiesto di schierarsi: destra o sinistra, progressismo e antifascismo. “Lui usò quella parola, che mi pare molto attuale e indica anche il mio personale punto di vista e di molti membri dell’Associazione che mi hanno sostenuto: lo scopo degli intellettuali non è quello di ‘preconizzare il futuro’, dire ‘lo sviluppo della storia sarà questo e dunque noi vi spieghiamo cosa fare’; già Max Weber ammoniva i suoi studenti a non cercare inesistenti Messia. Il compito di una rivista – sottolineo che siamo un gruppo, una redazione – è la riflessione e la comprensione”. Il cambio di direzione è stato accompagnato da punte di polemica politica e giornalistica non consuete nella storia recente del Mulino.

   

C’è chi ha voluto leggere il cambio del direttore, dopo il mandato concluso di Mario Ricciardi – che aveva impresso una linea politica e contenutistica marcatamente di sinistra, apertamente filo Schlein – anche come un cambio di indirizzo (qualcuno è arrivato a definire l’elezione di Pombeni una “vittoria della destra del Pd”, il professore ne ride molto). Più interessante è riconoscere che c’è stato un robusto dibattito tra visioni differenti del ruolo e posizionamento del Mulino, che per tradizione ha sempre mantenuto un approccio riformista capace di tenere insieme pensiero liberale, cattolicesimo, progressismo. Accantonati i toni della competizione, con Pombeni è più interessante capire il perché di posizioni così diverse, che oggettivamente riflettono linee diverse all’interno della sinistra. “Nell’attuale contesto polarizzato vi è una tendenza della sinistra – ma si potrebbe dire anche della destra – a voler ‘preconizzare’, appunto, il futuro, a schierarsi su una linea precostituita. Invece credo che per arrivare a modificare le cose occorrano molti passaggi, molto lavoro, molta pazienza. Cito ancora al passato: De Gasperi (di cui ha curato l’edizione critica degli scritti, ndr) diceva che ‘le riforme bisogna farle col materiale che c’è’. Io non sono così pessimista, ma la strada è lunga e va percorsa tutta”. Un suo recente libro sulla nascita e lo sviluppo del centrosinistra, “L’apertura”, racconta non a caso la costruzione di un progetto politico che ha richiesto dieci anni di gestazione per portare frutti. “Esatto, ritengo che i processi solidi si costruiscano così. Cercherò di guidare una rivista che vada in questa direzione (il mandato parte dal gennaio 2024, dopo qualche mese di ‘transition team’, ndr), più che nella direzione di sostenere una posizione politica. Anche per quanto riguarda le tematiche che affronteremo”.

 

Il contributo di una rivista come il Mulino – in un momento in cui si assiste a una crisi di questo tipo di strumenti, con MicroMega che cessa le pubblicazioni – è predisporre un terreno di azione al momento molto dissestato. “Ci sono problemi urgenti della nostra società, come rimettere in funzione la produzione di servizi, dalla sanità alla burocrazia ai trasporti: le cose che danno ai cittadini l’idea di essere parte di una comunità; poi la rinascita di una visione europea, e il recupero della dimensione di acculturazione: dobbiamo tutti tornare a essere disponibili a imparare. Senza queste tre mosse non si fa nulla”. Per storia personale, Pombeni è lontano dal massimalismo. Un suo recente articolo per il Mulino, critico verso i metodi di Ultima generazione (“Lanciare vernice è fare politica?”) in cui contestava “la convinzione, o l’illusione”, tanto vezzeggiata da una parte della sinistra, “che sia obbligatorio che il singolo ‘faccia qualcosa (di estremo)” ha suscitato molto dibattito. Ponderato anche il suo giudizio circa la radicalizzazione in tema di diritti: “E’ un problema grosso, perché c’è una divaricazione profonda tra chi ritiene che ci sia un aspetto generale del diritto, e poi casi particolari in cui si declina. E chi invece parte da un sottinteso ‘non mi fido’, e allora vuole che sia specificato tutto, ogni diritto. Ma così si cade nell’assurdo dei diritti che si moltiplicano all’infinito, e che determinano reazioni esasperate e contrarie. Dobbiamo ritornare a una fiducia di base nel nostro discorso sociale. Mi piace l’espressione essere ‘una comunità di destini’”.

 

Per quanto riguarda i temi del nuovo corso, Pombeni delinea un riformismo profondo. “Il primo su cui riflettere è arrivare a una riforma istituzionale: bicameralismo, figura del presidente del Consiglio, del presidente della Repubblica. Non sono più rimandabili. Poi la Sanità, come far convivere i necessari servizi di base con la sanità d’eccellenza: vorrei le voci di esperti. Infine il ripensamento della scuola: è la scuola che ha costruito la modernità, ma ora è inceppata”. Una rivista pronta per un dibattito a più voci? “Lo è sempre stata, e io vorrei allargare ancora di più lo spazio per i contributi esterni”. Avanti problemismo.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"