Foto di Richard Creamer, Michael Ochs Archives, via Getty Images 

I Settanta negli Stati Uniti

Nessuno più di Eve Babitz può raccontare la florida giungla che fu Los Angeles

Giulio Silvano

"Ci vuole un certo livello di innocenza per apprezzare L.A." scriveva. Era una anti Joan Didion, meno seria e più viziosa. Ma non un'icona femminista, anzi, una conservatrice, anche se disinibita. Che oggi non potrebbe esistere 

La sua foto più famosa è senza dubbio quella in cui gioca a scacchi, completamente nuda, diciannovenne, con un anziano Marcel Duchamp, dentro il museo d’arte di Pasadena. Eve Babitz è stata una musa, è nota per le sue relazioni – un portfolio amoroso che va da Harrison Ford a Jim Morrison, passando per Steve Martin e Annie Leibovitz, ha disegnato alcune copertine di album dei Buffalo Springfield, ma è stata anche, e forse soprattutto, una cantrice della California del sud, una scrittrice di autofiction capace di delineare una città difficile e sfuggente come Los Angeles.

 

Lo dimostra un libro, uscito nel 1972 e che non era mai arrivato in Italia, La mia Hollywood. Bompiani l’ha fatto tradurre alla brava Tiziana Lo Porto, una che l’America e lo slang li conosce bene, e che non fa perdere lo stile spontaneo di Eve Babitz. Spudorata, come nella foto con Duchamp, Babitz è spesso nuda, senza barriere, onestissima nel suo modo di raccontare il sesso e gli amori e un’adolescenza tra spiagge, festone e subculture. Non era famosa, ma era conosciuta, soprattutto in certi ambienti artistici, fin dalla nascita. Il suo padrino era stato Igor Stravinsky, per dire, amico del padre che faceva il musicista per il cinema. “Culturalmente, L.A. è sempre stata una florida giungla animata da ribollenti progetti losangelini che forse la gente di fuori non riesce a vedere. Comunque sia, ci vuole un certo livello di innocenza per apprezzare L.A.”, scrive.

 

Dopo le collaborazioni con Esquire e Rolling Stones e l’uscita dei suoi libri negli anni Settanta, Babitz è stata a lungo dimenticata, ma ha rivissuto nell’ultimo periodo della sua vita un nuovo riconoscimento come icona di quegli anni, una anti Joan Didion, meno seria e molto più viziosa. Ha fatto in tempo a vedere una sua riscoperta prima di morire nel 2021, partita con la ripubblicazione dei suoi testi e poi con l’acquisto dei diritti per farci una serie – a detta sua la prima volta che ha fatto dei soldi con le proprie opere. Da una parte la riscoperta e il rilancio di Babitz fanno parte di una nostalgia estetica per gli anni Settanta, dall’altra è un modo per respirare un po’, da lontano, in tutta sicurezza, quell’aria libera di un edonismo senza sensi di colpa che aleggiava allora.

 

A leggere questi affreschi californiani sembrano passati secoli, e non solo perché tra le strade di Beverly Hills i maggiolini Volkswagen sono stati sostituiti dalle Tesla, ma per via di una disinibizione che oggi è scomparsa e se c’è è solo spettacolarizzata o capitalizzata. Addirittura alcuni hanno cercato di trasformare Babitz in una rappresentante femminista dell’ultima ondata millennial, lei che negli ultimi anni era diventata sempre più conservatrice tanto da possedere diversi cappellini rossi Make America Great Again. In una delle ultime interviste diceva: allora, negli anni Sessanta e Settanta, “tutti facevano sesso, si drogavano, ascoltavano o facevano della grande musica. Non esistevano parole come ‘trigger’ o ‘politicamente corretto’. Se non volevi unirti alla festa te ne andavi a casa”.

 

La musa nuda non ha più spazio di esistere, la festaiola incosciente nemmeno, quel tipo di licenziosità, con le nuove regole di ingaggio erotico, con la nuova paura dell’approccio spontaneo, è un personaggio che oggi per esistere deve sottostare a troppe limitazioni. Eppure, come in un cortocircuito, quella stessa libertà oggi castigata, è ammirata dagli stessi castigatori che appunto, a posteriori, hanno voluto trasformare Eve Babitz in una portavoce postuma della quarta ondata, in quanto “donna libera”. Quello che succedeva al Monterey Pop festival e lo Chateau Marmont oggi non farebbe scandalo solo nei tabloid, diventerebbero reality show, oppure accuse in tribunale per il comportamento inconsulto di qualche vip. 

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