Com'era bella l'abbondanza cartacea di Entertainment Weekly

Mariarosa Mancuso

Cento pagine fitte e illustrate. Finire di leggerlo prima che uscisse il numero successiva era un'impresa. Adesso sarà solo online e non sarà più la stessa cosa

Cento pagine, fitte e illustrate. Il corpo e il carattere scelti per farci stare tutto quel che ci doveva stare (molti articoli, firmati, erano di brevità e scioltezza sconosciuta ai giornali italiani che misurano la copertura di un film in centimetri quadrati).

Finire di leggere Entertainment Weekly prima che uscisse il numero successivo era un’impresa. Anche saltando (confessiamo) la sezione musica e la sezione videogiochi. In cambio, il lettore ricavava tutto quel che doveva sapere per organizzarsi un divertente fine settimana (americano). Non solo il cinema, che quando il settimanale debuttò stava meglio di adesso. Anche la televisione, con le serie e i reality show, gli spettacoli di Broadway, e pure i libri: una sezione piccola ma super affidabile nelle sue scelte.

Rispetto a Variety, a Hollywood Reporter, o al più recente Deadline, EW era una guida per gli spettatori. Non una rivista specializzata per gli addetti ai lavori (quelle che ai festival recensiscono ogni cosa, così i distributori sanno come spendere i loro soldi). Il primo numero del settimanale uscì a febbraio del 1990, ad aprile di quest’anno una lacrimuccia ha salutato l’ultimo fascicolo. Resta l’edizione online, ma non è la stessa cosa. Non lo era neanche il passaggio da settimanale a mensile deciso nell’estate del 2019, senza cambiare la testata. Ultimo tentativo per non scomparire dal mercato delle riviste cartacee.

Entertainment Weekly lo abbiamo sempre letto online, a parte qualche numero riportato come cosa preziosa dai viaggi all’estero (chi è nato con l’iPad in mano non ha idea di quanto costassero all’edicola i giornali stranieri). La carta è un dettaglio, la scadenza settimanale un po’ meno. La gioia di scoprire tanti film, tante serie e tante altre ghiottonerie quando da noi ancora nessuno ne parlava, consolava e suggeriva alternative a certe produzioni italiane molto lanciate. Ne leggevamo mesi prima e mesi dopo, mentre al mondo c’era molto altro (mancava solo una recensione onesta; ma come diceva Franca Valeri, dei testi sui cataloghi d’arte: “Non si deve capire, deve gratificare l’artista e chi l’ha scritto”.

Cercavamo di finire un numero prima che arrivasse l’altro, per non perdere nulla (tornare indietro era impossibile, e per somma sfiga con il lockdown si è perso il ritmo settimanale). Stare dietro al mensile era più facile, ma c’era meno gusto. E la carta non c’entra. Perlomeno, quella che le personcina di elevati spiriti annusano (per la serie “Nuovissimi Mostri”, gira un video di Roberto Saviano che incestuosamente annusa la copia di un suo libro). 

Entertainment Weekly ha ceduto perché non riesce a ficcare in cento pagine, e nelle sue rubriche e rubrichette, tutto quel che succede nello spettacolo, in televisione, a teatro. E’ stato vinto dalle stesse vertigini di cui tutti soffriamo, quando c’è da scegliere qualcosa da vedere sulle piattaforme che si danno battaglia sfornando titoli nuovi quando gli altri non sono ancora vecchi. Una tradizionale barzelletta ebraica distingueva tra scatolette di salmone da mangiare e scatolette “per vendere e comprare”. Sulle piattaforme ci sono film e serie da guardare, e altre che sembrano fatte soltanto per procurare abbonati annunciando la novità 

Sul web lo spazio è smisurato, fatto salvo il paradosso che una mappa grande quanto il territorio diventa inservibile. Sul sito di EW andremo a cercare questo e quello, senza quel bel senso di abbondanza che dava lo sfoglio. Entertainment Weekly aveva messo il divertimento nel titolo. Visto in questa prospettiva, il modello attuale procura affanni: qualcosa va aggiustato prima che gli spettatori disdicano gli abbonamenti.

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