Chissà cosa penserebbe Orwell della versione femminista di 1984

Antonio Gurrado

Trovato l'accordo fra il figlio del romanziere, l’editore Granta e l’autrice Sandra Newman per la riscrittura femminista del celebre romanzo distopico. Stessa trama, raccontata tuttavia dal punto di vista della donna del protagonista

Chissà se in italiano s’intitolerà “Millenovecentottantaquattra”. Fatto sta che è stato trovato un accordo fra il figlio di George Orwell, l’editore Granta e l’autrice Sandra Newman per la riscrittura femminista del più celebre romanzo distopico: stessa trama, raccontata tuttavia dal punto di vista della donna del protagonista. Il libro al momento non esiste – Sandra Newman si è impegnata a pubblicare prima per lo stesso editore un romanzo sulla sparizione di tutti i maschi dal pianeta – ma dalle anticipazioni si apprende che, rispetto a quel tontolone di Winston, Julia risulterà molto più consapevole della vita sotto il Grande Fratello, molto più impermeabile alla propaganda ma molto più opportunista e a proprio agio nelle pieghe della dittatura. 

1984 di George Orwell, uscirà una versione "femminista"

Potrebbe sortirne un formidabile esercizio di stile, per quanto prevalga il sospetto che si tratti di una strategia editoriale un po’ cheap. E’ già accaduto che gli eredi di un autore incarichino qualcuno di riutilizzare un personaggio, come nel caso macroscopico di James Bond: Ian Fleming è morto nel 1964 ma da allora è uscita una trentina abbondante di romanzi con lo stesso protagonista, affidati a otto autori, fra cui i pesi massimi Sebastian Faulks e Kingsley Amis, pur sotto lo pseudonimo Robert Markham. E il capovolgimento della prospettiva di genere era stato effettuato addirittura da E. L. James, che in Grey aveva riraccontato le “cinquanta sfumature” dal punto di vista di lui. In questi casi però, oltre al legittimo desiderio di monetizzare, il movente era da un lato quello di tenere in vita un personaggio divenuto proverbiale presso il pubblico e, dall’altro, la sfida dell’autrice a misurarsi con la stessa storia in modo diverso.

 
Per 1984 invece la richiesta della ristesura al femminile proviene dall’Orwell Estate, l’ente che gestisce i diritti dell’autore defunto; e che, a parte le opere postume e il mercato statunitense con le sue norme a sé stanti, non avrà tratto grande beneficio dal passaggio a pubblico dominio. L’intento, spiega l’esecutore letterario Bill Hamilton, è trovare risposta a due questioni che il romanzo originale lascia aperte: cosa Julia veda in Winston e come abbia fatto strada nelle gerarchie di partito. Se non che rileggendo le pagine che Orwell dedica a Julia – in particolare quelle, freddissime, relative all’incontro finale con Winston, dopo il quale lei sfuma nel nulla – balza all’occhio come i suoi contorni vengano lasciati nel vago al punto da far sospettare che l’autore l’abbia fatto apposta, ipotesi sensata se si considera che ha lavorato all’opera per tre anni.

Dalla neolingua alla neoletteratura

Chiedere a un nuovo romanzo su commissione di chiarire ciò che Orwell ha celato implica scarsa fiducia nelle sue capacità umane e letterarie (sottinteso: era uomo antiquato, non sapeva descrivere le donne) o, più prosaicamente, una sfacciata capacità di adattamento alle esigenze di mercato (sottinteso: oggi, in libreria, i personaggi femminili forti vendono di più). Non che Orwell sia arrivato indenne a sequel e rifacimenti: nel 1983 György Dalos aveva pubblicato un 1985, benché troppo tardi rispetto al forsennato Anthony Burgess che, cinque anni prima, ne aveva fatto uscire un altro, ambientato in una Londra islamizzata. 1984 è scritto per far germinare altre scritture ma inquietando, ponendo problemi che spiazzino il lettore così come il famoso incipit con gli orologi che battono tredici rintocchi (e che un ingenuo traduttore italiano rese con uno stucchevole “gli orologi segnavano le tredici”); non per risolvere le questioni aperte e appianare i dettagli insoluti, aggiornandosi man mano in base al corso degli eventi o alle mode culturali.

 
Nell’appendice che dedica alla Neolingua, Orwell scrive che essa serviva a “fornire un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali”. Non sia mai che la versione femminista di 1984 sopperisca allo stesso bisogno sugli scaffali delle librerie, fornendoci un esemplare di Neoletteratura.

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