Dannato lo scrittore (Philip Roth), dannato il biografo (Blake Bailey)

Mariarosa Mancuso

Ora aspettiamo l’indignazione da #MeToo degli scrittori femministi, che hanno fiutato l’affare e fremono come se qualcuno avesse insidiato la loro, di virtù

Dannati fino alla settima generazione. Vale anche per le parentele letterarie. Non abbiamo fatto in tempo a finire la biografia di Philip Roth scritta da Blake Bailey – sono novecento pagine, senza limitarsi a piluccare i pettegolezzi sessuali un po’ di tempo serve – che anche il biografo è finito sulla graticola del #MeToo. Accusato di molestie da un certo numero di signore e signorine che come capita nei film di fantascienza hanno ricuperato tutte insieme la memoria. Chi ricorda comportamenti troppo amichevoli in classe, chi rievoca una notte a casa di Dwight Garner, critico letterario del New York Times: il biografo entrò nella stanza di Valentina Rice e non si fermò davanti ai “no” . Casa di amici, molestatore ospite, gente dal sonno pesante nelle altre stanze. Neppure una lampada da comodino da spaccare con fracasso in testa a Mr. Bailey. Che non ha scritto solo la biografia di Philip Roth – nel caso siate della scuola “chi si somiglia si piglia” – ma anche quelle di John Cheever e Richard Yates. Ha vinto premi e collezionato recensioni, quasi tutte incorniciate dal commento: “Ma che puttaniere, ma come trattava male le donne, chi l’avrebbe mai detto”. 

 

Saputo delle denunce, la casa editrice W. W. Norton – che aveva nella biografia di Philip Roth il bestseller stagionale, se non annuale, e qualche soldo al biografo Mr. Bailey lo deve pure aver dato – ha sospeso le presentazioni e la pubblicità, bloccato le spedizioni, cancellato la seconda tiratura di 10.000 copie (la prima era di 50.000). Il biografo nega ogni addebito, ha fatto scrivere dall’avvocato che non è d’accordo su nessuno dei castighi inflitti. Poco dopo è stato mollato dalla sua agenzia letteraria. L’editore italiano Einaudi non si è pronunciato. Non si sa da che parte cominciare, per districare le imbecillità. L’editore Norton evidentemente era convinto di aver pubblicato la biografia (autorizzata, beninteso) di Madre Teresa di Calcutta. I recensori – anche di nome, anche in Italia, giravano le veline, tanto i pezzi erano sovapponibili –  sembravano del tutto ignari di quel che ha ossessionato Roth tutta la vita e stenterebbero a capire la battuta: “Il ‘Lamento di Portnoy’ ha fatto per la masturbazione quel che ‘Moby Dick’ ha fatto per le balene”. Non hanno notato la simpatica signorina, diventata prima signora Roth, che per farsi sposare si finge incinta, e come prova porta la pipì di una donna col pancione incontrata a Central Park. Niente sulle fatiche del romanziere che “scrivo una frase e la giro. Ne scrivo un’altra e la giro. Le guardo e le giro tutte e due. Esco a pranzo, torno, e cancello tutto”. Finito il manoscritto, lo faceva leggere agli amici di cui si fidava e prendeva nota di tutte le critiche, per quanto feroci e distruttive. Quando l’interlocutore cercava di prendere fiato Philip Roth chiedeva “ancora”. Si metteva a tavolino, sfidando i dolori di schiena, e riscriveva, non reagiva dicendo “io con quell’editor frustrato e invidioso non ci parlo più”. Poi i risultati si vedono.    

 

Liberissimi voi di leggere scrittrici che non torcerebbero un capello a una signora (tranne torturare quelle che, poverette loro, hanno sempre considerato la censura odiosa quanto la cattiva letteratura). E vedrete adesso, fiutato l’affare arriveranno anche gli scrittori femministi, già commentano e fremono come se qualcuno avesse insidiato la loro, di virtù. Noi impareremo a memoria i libri proibiti, come fanno i ribelli in “Fahrenheit 451” di François Truffaut – regista che in un altro film propone come massimo capriccio erotico la sordomuta.

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