Letture da virus

Eugenio Cau

Un romanzo del 2018 racconta New York colpita da una pandemia. E’ l’apocalisse, ma è catartica

Milano. Uno dei romanzi più belli su cosa succede quando il mondo viene colpito da una pandemia incurabile si chiama “Severance”, e l’ha pubblicato nel 2018 la scrittrice americana di origini cinesi Ling Ma. Occhio: si parla di letteratura, e di letteratura apocalittica, dunque niente a che vedere con l’emergenza coronavirus che stiamo vivendo in queste settimane. In “Severance” ci sono gli zombie (zombie particolari però, ci arriviamo) e gli Stati Uniti si spopolano a causa della malattia che colpisce il pianeta: è evidente che non si possono fare paragoni. Ma “Severance”, che in italiano è stato tradotto come “Febbre” e pubblicato da Codice Edizioni, è un libro catartico da leggere in questi tempi, perché non racconta di pestilenze manzoniane o di drammi esistenzialisti à la Camus, ma di una malattia che si origina in Cina (a Shenzhen, non ha Wuhan) e si diffonde in occidente nel Ventunesimo secolo, nella New York del 2011, in pieno movimento #Occupy.

 

La malattia immaginaria di “Severance”, che non è portata da un virus ma da una spora fungina che circola nell’aria, si diffonde incontrastata nel mondo (tranne che vicino ai poli, dove il freddo la uccide) e trasforma chi ne è colpito in uno zombie che ripete in perpetuo le azioni principali della sua vita quotidiana, inconsciamente e irresistibilmente, fino a che non muore per sfinimento o per fame: la commessa del negozio di abbigliamento, infettata mentre si trova al lavoro, piega e spiega maglioni giorno e notte con grande precisione; una madre mette la famiglia a tavola e serve il pasto da una zuppiera vuota, poi sparecchia e ricomincia all’infinito; un tassista continua a circolare per le strade di una New York ormai semideserta, a passo d’uomo, incosciente e incapace di fermarsi. La malattia di “Severance” costringe le persone a rinchiudersi nelle loro abitudini e nella loro routine, ed è un po' il contrario di quello che sta succedendo al mondo in questi giorni in cui le abitudini e le routine sono interrotte, giustamente, in favore dell’autoisolamento, dello smartworking e della prudenza.

 

Nel mondo apocalittico di “Severance” si muove Candace, una ragazza americana di origini cinesi che lavora per una casa editrice di Manhattan e che sopravvive al virus. Candace teorizzerà che la sua sopravvivenza è dovuta al fatto che la sua vita è già apatica e alienata più di quella di uno zombie, e che per questo il morbo non l’ha coinvolta. (Con questa chiave, “Severance” può essere inteso come una satira del capitalismo). Mentre attorno a lei tutta New York si ammala entrando in trance o fugge, Candace rimane in città e, da brava millennial degli anni Dieci, non trova niente di meglio da fare che aprire un blog, NY Ghost, dove fotografa la città in versione post apocalittica, e riceve richieste da tutto il mondo per fotografare i luoghi turistici più famosi ormai svuotati di vita. Alla fine viene trovata da un altro gruppo di sopravvissuti, gente sradicata come lei, e assieme viaggiano per raggiungere una località sicura dove vivere.

 

Ci sono dei colpi di scena, e soprattutto ci sono molti flashback, in cui Candace ricorda come la pandemia è discesa su New York, come all’inizio tutti ci scherzassero e nessuno ci volesse credere, come dalla Cina arrivassero notizie man mano più preoccupanti, le discussioni in ufficio tra colleghi scettici e altri terrorizzati, il suo fidanzato che se ne va, l’amministrazione dell’azienda che chiede ad alcuni dipendenti (tra cui Candace, ovviamente) di rimanere al lavoro anche quando tutti sono ormai fuggiti, e promette in cambio un bonifico favoloso. E Candace va al lavoro anche quando ormai New York è deserta, una volta rischia di rimanere bloccata in ascensore e al pronto intervento non c’è nessuno che risponda, un’altra decide di salire a piedi per le decine di piani del grattacelo newyorchese. E quando si unisce ai sopravvissuti, tutti capiscono che il mondo è ormai finito perché a un certo punto salta definitivamente la connessione internet, non c’è più nessuno che mantenga i server attivi, e non si può cercare niente su Google (il motore di ricerca sarebbe molto utile in uno scenario post apocalittico, per esempio: come si accende un fuoco? o hai fatto lo scout o usi Google).

 

Se siete impressionabili, “Severance” non è una lettura adatta in questo periodo. Ma se non lo siete può essere catartica, dicevamo, perché Ling Ma racconta l’apocalisse con ammirabile understatement e la inserisce nel Ventunesimo secolo con verosimiglianza. Può far bene scacciare la paura del virus con l’avanzata degli zombie.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.