Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità (foto LaPresse)

Scotomizzati e no

Giuliano Ferrara

Locatelli, Borrelli e gli altri. Elogio di chi ci protegge senza nascondersi la realtà e risponde a occhi asciutti

Scotoma, chi era costei? I non scotomizzati sono gli eroi del momento, un momento affollato di eroi sebbene talvolta ci se ne dimentichi. Scotoma è il termine greco per ottenebramento. E’ anche un termine dell’oftalmologia per certe degenerazioni maculari che lasciano un blind spot, una zona cieca, nella percezione visiva. E’ anche locuzione impiegata nella psicologia. “Non volevo scotomizzare la domanda” è la risposta a un giornalista di un civil servant italiano, Franco Locatelli di Bergamo, presidente del Consiglio superiore di sanità, e vuol dire: non volevo evitare di vedere il merito della questione, come fanno certi nevrotici, ottenebrandolo e così evitando di fornire delucidazioni. Un po’ lungo il tradurre, ma come molti hanno osservato, questo della mancata scotomizzazione è un punto alto della lingua e della concettualizzazione nella pratica di una classe dirigente impegnata a combattere una imprevedibile maligna pandemia. Se aggiungiamo il timbro delicato, delicatamente lagnoso epperò fermo e preciso della voce del parlante non scotomizzato, bè, diciamocelo, è un punto alto in assoluto. Rassicurante.

 

Ecco, quando parlano (e quanto debbono farlo, con quale immensa audience, sempre alla stessa ora davanti alla Nazione!), gli eroi non scotomizzati rassicurano. Uno è bergamasco, già detto, l’altro di Udine, il gentile Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di sanità, e l’altro ancora, il dottor Angelo Borrelli, è della provincia di Latina, del paese intitolato ai Santi Cosma e Damiano. Brusaferro è la gentilezza impersonificata, e ogni tanto gli casca il collegamento, proprio mentre sta spiegando con calma la cosa importante, ma non è colpa sua, via. Borrelli, un altro semidio, si fa scappare che non usa la mascherina, e lo Sciocchino Collettivo subito attacca briga e parla di gaffe. Ma non lo era. Il capo della Protezione civile ha solo detto la verità, si tiene al distanziamento e pensa che gli basti, e spiegando questo sdrammatizza la cosa più e meglio della delibera già molto sdrammatizzante che impone la mascherina o in alternativa fashionista un foulard o una sciarpetta vezzosa. Tutti capiscono che avesse tempo di andare al supermercato, dove è spesso gentilmente richiesta la museruola bianca, se la metterebbe senza discutere, ma nella vita e nel lavoro normale, anche in condizioni tanto straordinarie, preferisce la norma del metro, un metro e ottanta, a ogni altra. D’altra parte Fazio e il professor Burioni ce lo fanno a peperini, con eletta competenza, senza mascherine e senza pubblico, tenendo la debita distanza e emettendo, si spera senza conseguenze, le loro bollicine. Sembra di intuire che in Italia esistano e operino figure molto serie, che svolgono seriamente funzioni molto serie, e comunicano risultati ondeggianti, che ora volgono forse al meno peggio dopo tanto doloroso decorso, sempre con lo stesso tono, con parole da cui non si evince il famoso protagonismo, lo sgomitamento, la prevaricazione delle competenze altrui, e sopra tutto parole chiare, decenti, non gergali, che non lasciano spazio a scotomizzazione alcuna. Hai detto niente. 

 

Tra gli eroi o quasi eroi metterei anche un sacco di giovani reporter del Tg1, per esempio, che per settimane hanno dovuto recitare la litania triste e insopportabile dei decessi, dei trasferimenti delle salme, dei contagi in aumento, delle terapie intensive affollate fino allo spasimo, e lo hanno fatto, cosa che è sembrata un improvviso risveglio di professionalità e di sentimento della gravitas, tenendo il punto, stando al punto, senza svolazzi e suggestioni ideologico-solidali troppo ciarliere: ci hanno dato le lacrime delle cose, e ci hanno risparmiato le loro.

 

Abbiamo assistito a uno spettacolo di responsabilità e attaccamento al fatto, nella deriva o destino collettivo, che mai avremmo immaginato. Siamo stati il “Paese senza” raccontato da Alberto Arbasino ai tempi del terrorismo e di altre sanguinose caciare, spesso non abbiamo avuto le parole per dirlo, i modi per fronteggiare le cose che avvenivano, spesso ci siamo ritrovati intrisi di retorica sporcificante, culturalizzante, ideologizzante, stavolta no, tutto sommato dai grandi funzionari a mille altre figure dell’expertise molesta del virus l’impressione è che, grazie a loro, abbiamo evitato la chiacchiera e siamo andati al dunque. Una rivoluzione o comunque un progresso tanto più benedetti quanto più inattesi.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.