Il governo smentisce la Raggi che voleva il Grande Fratello cinese a Roma

Giulia Pompili

Nella Capitale nessun impianto di videosorveglianza con il riconoscimento facciale in collaborazione con Huawei

Quando si parla di videosorveglianza e di aziende cinesi, il pensiero va sempre al sistema nazionale di controllo che Pechino applica ormai in varie megalopoli cinesi, e che pone non pochi problemi sul piano delle libertà personali e della raccolta dati. Una questione che il governo gialloverde ha risolto sostenendo che in fondo, in Cina, le strade sono sicurissime. E in questa prospettiva, alla Capitale più tormentata d'Europa, la videosorveglianza modello cinese deve essere sembrata una soluzione interessante.

 

Giorni fa la sindaca di Roma Virginia Raggi aveva annunciato l'istallazione delle telecamere intelligenti del colosso delle telecomunicazioni Huawei a San Lorenzo e all'Esquilino (forse non a caso la zona dove risiede gran parte della comunità cinese romana), lo stesso tipo di telecamere con riconoscimento facciale che sarebbero già in funzione nell'area del parco archeologico del Colosseo. Solo che poi ieri il sottosegretario al ministero dell'Interno Carlo Sibilia, rispondendo in Aula a un'interpellanza di Riccardo Magi, deputato di +Europa, ha di fatto smentito la sindaca Raggi: “Al momento non esiste un contratto di servizio tra Roma Capitale e la società Huawei”, e che “Roma Capitale non dispone di impianti di videosorveglianza con caratteristiche tecniche tali da consentire” il riconoscimento facciale. Inoltre questo tipo di videosorveglianza, ha spiegato ancora Sibilia, “costituisce un'operazione di trattamento dei dati personali”, che è un po' ribadire l'ovvio – ma di questi tempi è bene ricordare anche le basi dei princìpi democratici. Nel dare la sua spiegazione a Riccardo Magi, Sibilia ha svelato pure il motivo della sparata di Raggi, che ha annunciato la trasformazione di Roma in una città smart (ma senza scale mobili) durante il Gran premio di Formula E, “di cui Huawei è main sponsor”.

  

Già dallo scorso anno avevamo capito quanto fosse importante per Raggi e la sua giunta la collaborazione con Huawei, che nel frattempo è riuscita a diventare main sponsor pure della mezza maratona di Roma, che dallo scorso anno si chiama Huawei RomaOstia. La prima cittadina a dicembre era salita sul palco della super esclusiva festa per i quindici anni di Huawei in Italia al Tempio di Adriano, nello stesso giorno dell'arresto della direttrice finanziaria Meng Wanzhou – un tempismo da record, ma anche un segnale: come dire, guardatemi, sono qui nonostante tutto. “Roma è  una città complessa e la sindaca come i suoi predecessori deve affrontare mille difficoltà, ma nessuno ha capito come lei dove va il futuro” aveva detto a Roma Capoccia il presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchis. Certo, pensa a videosorvegliare i cittadini senza rendere la città più vivibile. Ricorda qualcuno?

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.