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L'immigrazione richiede regole non urla

Redazione

C’è una bella differenza tra il “no way” australiano e il pasticcio della Diciotti

Andrebbe chiarito una volta per tutte, a beneficio dell’igiene del dibattito pubblico, che non esiste nessun parallelo tra la cosiddetta Operation Sovereign Borders, operata dall’Australia nei confronti dell’immigrazione clandestina, il severo e legittimo protocollo avviato il 18 settembre del 2013 dal primo ministro Tony Abbott, e quello che è successo in Italia con la nave Diciotti. E insomma non corrisponde in nessun modo a verità l’affermazione secondo la quale il ministro dell’Interno Matteo Salvini sia – come vorrebbero sostenere alcuni – perfettamente in linea con le politiche migratorie di paesi rispettabili e civilissimi. E non è nemmeno vero che, come viene insistentemente ripetuto in quella fabbrica di confusione sommaria che sono i social media, che in queste ore il Brasile abbia schierato l’esercito per “respingere” i poveri venezuelani che fuggono dalla decrescita infelice e dittatoriale di Maduro. Affermazione alla quale, di solito, su Facebook segue: “E allora noi perché non possiamo fare la stessa cosa? E allora la Diciotti?”. Siamo al confine con la fake news, visto che il governo brasiliano ha, sì, schierato l’esercito ma non per respingere bensì per difendere i fuggitivi venezuelani da possibili inseguimenti, ritorsioni e pogrom da parte delle milizie fedeli al dittatore Maduro.

 

Anche Salvini ha incongruamente adottato in alcune occasioni praticamente il medesimo slogan che in Australia accompagna, dal 2013, il protocollo dei respingimenti: “No Way”. Ma come dicevamo, quella è un’altra storia. Le navi australiane intercettano, e in caso soccorrono e scortano, tutte le imbarcazioni che non sono autorizzate all’approdo. Chi arriva, se non viene immediatamente respinto, viene inviato in organizzati centri di identificazione all’interno dei quali vengono esaminate le domande di asilo. Quale sia il rapporto tra queste misure rigide, ma codificate, ordinate, civilmente rispettose del diritto all’asilo (e anche al soccorso), e la faccenda tutta teatrale e pasticciata della Diciotti rimane un mistero. Lì c’è ancora il recinto delle regole (che possono anche essere sbagliate, ma sono regole), qui invece c’è una nave della Guardia costiera, zeppa di migranti alcuni dei quali malati, che viene trattenuta e sigillata nel porto di Catania, in una specie di limbo, di non luogo del diritto, perché un giorno di due mesi fa il ministro dell’Interno italiano si era attorcigliato e incastrato in una promessa che non si può mantenere: “Non ho intenzione di prendere più nemmeno un immigrato”. Da un lato c’è il governo ordinato dei fenomeni, dall’altro un surrogato, l’imitazione scomposta, non le regole ma gli strepiti.

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