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Vannacci in spiaggia, Meloni da Pio e Amedeo: il trash è il vero pensiero unico

Michele Masneri

Il generalissimo che ci terrorizzava evocando golpi e Junii Valerii Borghesi viene ripreso per un servizio di Chi. E la premier? Si precipita allo spettacolo del duo comico foggiano famoso per scroccare ai vip

Ah, Il trash. Lo butti fuori dalla porta e rientra dalla finestra. Lo butti fuori dalla tv e rientra sui giornali (e nella vita reale). L’operazione riverginazione di Mediaset è un disastro, si è visto, anche perché per la legge dei vasi comunicanti (del trash) quello si fa liquido, sguscia, sguincia, eccolo già finito alla Rai (vedi Fabrizio Corona in fascia pomeridiana domenicale).

 

Insomma è inutile, il trash ha già vinto, è tra noi, è parte dell’identità italiana come e più delle radici giudaico cristiane. E’ l’unico pensiero unico, non dittatura ma resa dolcissima. Un popolo di Santi, Poeti Navigatori e coattoni. “Supercafone”, la hit celebre di Er Piotta, si avvia al giro del quarto di secolo, essendo stata scritta nel 1999, e prendeva in giro un certo tipo di coatti, ma oggi, oggi chi può alzare la mano e dire io, io non sono trash?  Il trash è anche (forse, speriamo) garanzia democratica, certamente è distrazione di massa; anche il temutissimo da molti general Vannacci, a chi incute ormai rispetto se non paura, dopo che sulla spiaggia di Viareggio scalcia nell’onde tra le bolle come farebbe neanche Ilary Blasi, no anzi sua figlia adolescente Chanel?

 

Il generalissimo che ci terrorizzava evocando golpi e Junii Valerii Borghesi viene ripreso per un servizio di Chi (fotografato dal bravissimo Massimo Sestini) col piedone in alto, in favore di camera. Il jeans slavato lo smartwatch. Gioioso. Fa l’amore con l’obiettivo. Di nuovo, nel servizio a corredo delle immagini, riflessioni sull’omosessualità, questa volta di una eventuale figlia. Ma col risultato di sembrare un fissato, e con quel piedone in bella vista, pure calloso, e con quel faccione sordiano, alla fine vien la sensazione di averlo già visto. Ma dove?

 

Ma certo, su Grindr, app di incontri, e pare di vedere la didascalia e profilo. “Etero curioso 38”, magari togliendosi una dozzina d’anni, magari anche appassionato di piedi come appunto quello scatto fa pensare. E la camicia bianca e il faccione evocano quei mariti che appaiono online verso le quindici/sedici del pomeriggio, annunciando di “aver appena staccato” “a” lavoro (pubblico), precisando di non poter ospitare, di essere e ricercare solo “maschilissimi”, “riservatissimi”. Che paese, che generali. Che fisiognomiche.

 

E Meloni? Lei, poraccia, da una parte sembra aver azzeccato finalmente il look giusto col doppiopettone multicolor e forse portatore di messaggi (vedi spille di Margaret Thatcher, borsetta di Elisabetta d’Inghilterra ecc.). Colori di Meloni: rosso a Torino, grigio alle Nazioni Unite, blu tenebra con Macron. E bottone dorato. Nella tempesta perfetta che la vede ormai contro tutti, tra un viaggio alle Nazioni Unite e uno a Lampedusa, tra spread e giudici e Mes, chissà che vitaccia. Finalmente si prende una sera libera e che fa? Andrà al teatro Argentina, o magari a un concerto a Santa Cecilia o qualche sperimentazione al teatro India. O al cinema? Magari a vedere Oppenheimer o “Io, Capitano”?

 

No, si precipita al teatro Brancaccio, sede dei meglio musicarelli romani. E si fionda su quale spettacolo? Pio e Amedeo. Pio e Amedeo, cazzo. Il duo foggiano protagonista di Emigratis. Non ci aspettavamo molto, Meloni aveva fatto sapere del resto di aver visto già otto volte “Notre dame de Paris”, il musical di Riccardo Cocciante. Ma Pio e Amedeo! E qui si verrà accusati subito di esser degli elitisti, degli alenelkann insomma, senza neanche il vestito di lino, però viene il dubbio che in realtà lei e Giambruno, pure lui in sala, lo facciano per tranquillizzare gli animi e riconnettersi col paese profondo, spingendosi invece di nascosto con cappelloni e occhiali da sole fino ai più filologici festival wagneriani, alle più severe biennali, facendo aprire di nascosto botteghe antiquarie e cappelle giottesche. Magari “transumando” e “nomadando” a bordo della Cinquecento Abarth immortalata sempre dal meritorio Chi al supermercato (anche qui, l’alenelkann in noi si era sempre chiesto chi mai le guidasse quelle vetturette che ruggiscono ai semafori, l’equivalente delle Uno Turbo con gli alettoni che riscuotevano gran successo al paese negli anni Ottanta). Comunque, vuoi vedere che l’unica opposizione seria in Italia la fa Signorini col suo settimanale?

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).