Preoccupazioni mediatiche

Altro che politica, sono i vip a spaventare i tassisti

Gianluca De Rosa

La rabbia di artisti e infuencer contro le file infinite preoccupa le auto bianche: i loro appelli a sindaci e parlamentari valgono più di un monito del Quirinale. Potrebbero convincere la politica a fare una cosa mai vista prima: scontentare la categoria

“E’ una vergogna”, dice Luca Argentero. “Ma i taxi dove sono finiti?”, sbotta Nancy Brilli. “Quaranta minuti per trovare un taxi, non è possibile!”, sintetizza Alba Parietti. Altro che governo dei patrioti e sindaci Pd, a spaventare i tassisti ci pensano i vip. In Italia, si sa, non c’è niente che smuova l’opinione pubblica e preoccupi più la politica degli umori altalenanti e spesso dispotici di artisti, influencer, attori e ballerine. Chi si dimentica quando, nonostante i commenti mai gentili, Matteo Salvini continuava imperterrito a cercare un dialogo con Fedez, re degli influencer? E come non ricordare quando la sindaca grillina Virginia Raggi voleva mettere a bando il cinema all’aperto a Trastevere? Altro che Tar, furono Sabrina Ferilli, Paolo Virzì, Claudio Santamaria e, addirittura da oltreoceano, Martin Scorsese a placare le intenzioni legalitarie della sindaca. Un appello infinito di attori e registi più o meno noti che avrebbe terremotato la sua giunta ben più dei quintali di monnezza per le strade.

Insomma, l’appello del vip di turno, talvolta, vale per governo, sindaci e parlamentari più di un monito del Quirinale. Guai a scontentarli. Sarebbero capaci di convincere la politica a fare qualunque cosa. Persino una cosa sconcertante, mai vista prima: scontentare i tassisti. E così quando negli ultimi giorni è cominciato il fuoco di fila delle celebrità contro “la dittatura dei tassisti” (copyright di nientepopodimeno che Pippo Baudo), i più astuti tra loro hanno cominciato a preoccuparsi.

Loreno Bitarelli, presidente del 3570, principale cooperativa radiotaxi d’Italia, alla politica parla a microfoni spenti. Davanti al decreto Asset, che pure prevede teoricamente la possibilità per le principali città di aumentare le licenze fino al 20 per cento di quelle attuali, non si è scomposto. Con la legge di conversione, i tassisti hanno già ottenuto la cancellazione della cumulabilità delle licenze, vero terrore perché “aprirerebbe alle multinazionali”. Bitarelli sa bene che tra la norma e il nuovo bando ci sono ci sono i comuni di mezzo e lui, consapevole del fatto che di auto bianche a Roma e Milano ne mancano migliaia, ha già aperto le trattative verso il basso, forte del riluttante terrore dei primi cittadini all’idea di inimicarsi la categoria: “Aumentiamo in tanto di 300 licenze, ma non si sparino numeri a caso”. Insomma, la politica, va così da anni, si gestisce facilmente. Non c’è neppure bisogno di scioperare contro “la Meloni che ci dà in pasto all’opinione pubblica in vista delle europee” come faranno il prossimo 10 ottobre i sindacati di base. Bittarelli è uno di quelli che quando i tassisti meno furbi e più aggressivi protestavano violentemente sotto palazzo Chigi per timore che a Draghi riuscisse l’impossibile liberalizzazione del mercato, lui, intervistato dal Foglio, invitava alla calma: “I partiti sono più oltranzisti di noi, la liberalizzazione non passerà mai”.

Ma un conto sono Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Roberto Gualtieri o Beppe Sala, altro Alba Parietti, Nancy Brilli o Luca Argentero. Quando a muoversi è il jet-set bisogna cominciare a preoccuparsi. “Questa è gente che conta davvero”, si deve essere detto. “A questi come li fermi?”. E così davanti alle intemerate dei vipponi ha deciso di intervenire direttamente con una lunga intervista a Tag24 rilanciata dall’house organ della categoria, il sito di unione radiotaxi. Sintesi estrema delle argomentazioni: “Perché non ve la prendete con il trasporto pubblico che non funziona?”. Si percepisce una certa tensione. Pippo Baudo pensaci tu.

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