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Ricordi in libertà

Il Berlusconi più autentico, che resterà, è quello del Milan

Sergio Belardinelli

La morte di Silvio Berlusconi mi riempie di tristezza. Ha dato molto a questo paese, senza riceverne la gratitudine che avrebbe meritato. E purtroppo non è vissuto fino a centovent’anni, come aveva promesso.

Da quando scese in campo in nome della “rivoluzione liberale” ho sempre pensato che il suo programma fosse troppo vasto e forse persino una fregatura, ma mi piaceva crederci. E poi, specialmente allora, molto meglio le sue balle che le presunte verità altrui. Sul bordo dove la politica incontra la vita privata ne ha combinate di tutti i colori. Con la complicità dei suoi detrattori ha dilatato quel bordo a dismisura rendendolo inestricabile e, col tempo, anche indigeribile. Per questo ho smesso di votarlo, ma senza mai smettere di guardarlo con una sorta di invincibile e autoironica simpatia, uno sberleffo al moralismo criminale di chi l’avrebbe voluto addirittura in galera.

Ci dirà il tempo quale sia stato il ruolo che Berlusconi ha effettivamente svolto in questo paese. Ha suscitato troppi entusiasmi e troppi rancori per consentirci di farlo adesso col distacco che si conviene. A caldo però, una cosa personalissima, e forse non piccolissima, vorrei poterla dire. Con un misto di gratitudine e di delusione. Riguarda il cattolicesimo liberale. Credo che i pochissimi cattolici e liberali che ci sono in Italia debbano essergli grati. In politica sono sempre stati una minoranza quasi invisibile, culturalmente non ne parliamo. Ma grazie alla sua discesa in campo hanno avuto almeno un momento di euforia; hanno pensato che potesse essere la volta buona; che si potesse finalmente rompere la crosta di incomprensioni che per decenni li aveva indotti a preferire il dialogo sommesso e sottomesso con i comunisti piuttosto che tra di loro, con danni incalcolabili per la cultura politica del nostro paese che ci portiamo dietro ancora oggi. Ma tant’è. Forse l’impresa era veramente titanica, sta di fatto che, insieme alla gratitudine, su questo punto, resta anche molto amaro in bocca. Lo stesso dicasi per la sua amicizia politica con Vladimir Putin e per i suoi giudizi sulla guerra in Ucraina.

Non dirò nulla della grandezza dell’imprenditore Berlusconi perché di essa parlano eloquentemente i fatti. Vorrei invece dirgli un grazie incondizionato per ciò che ha dato al Milan. I tifosi del Monza non me ne abbiano, ma nella testa e nel cuore dei milanisti e di tutti coloro che amano il calcio Berlusconi sarà sempre il suo grande Milan. Non si riesce a pensare a Maldini, Costacurta, Baresi, Rijkaard, Seedorf, Gullit, Van Basten, Nesta, Pirlo, Kaka o Shevchenko senza aggiungere Berlusconi. E’ nel Milan che il suo incontenibile desiderio di giovinezza ha trovato forse la sua espressione più bella e quasi sublime. Il resto a confronto sono soltanto pettegolezzi.

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