(Ansa)

Un centro studi di una sinistra stanca di litigarsi il passato

Paola Peduzzi

Nasce Progressive Britain. Il Labour, secondo il presidente trentottenne Wes Streeting, deve reinventarsi e allargarsi nel suo riformismo: un 'big tent', sulla falsariga del New Labour dell'America clintoniana

Non possiamo continuare con questa guerra fratricida per sempre, a catalogarci in base ad appartenenze del passato, a odiarci perché eravamo belli e gagliardi negli anni Novanta e ora siamo superati, invecchiati, non sappiamo nemmeno tenerci più bene i capelli (leggi: i capelli lunghi di Tony Blair non si potevano vedere, li ha tagliati in fretta per fortuna). E’ ora di fare la pace, o almeno di provare a non litigare sulle sfumature di blairismo o riformismo di ognuno di noi, ancor più se quella formula, bellissima e di successo, si è conclusa e a ben guardare la sinistra britannica è stata una splendida parentesi tra molte sconfitte venute prima e molte sconfitte venute dopo.

 

 

Questo è il senso della nascita, domenica, di un think tank di sinistra, Progressive Britain (sfondo verde acqua), che è la fusione di Policy Network e Progress, due pensatoi blairiani. Come tutte le rinascite c’è sempre un che di brutale nell’atto d’inizio, perché i due think tank sono stati smantellati, non esisteranno più, e anche se l’obiettivo è guardare al futuro invece che al passato, in attesa di deliziarci con le idee per gli anni Trenta della sinistra inglese (che è inevitabile spartito per le sinistre occidentali), ora ci sono le ceneri del tempo che fu, cioè dei meravigliosi anni Novanta del progressismo internazionale.

 

 

Il nuovo think tank sarà diretto da Wes Streeting, parlamentare trentottenne che ha lavorato a Progress e che ha appena avuto un ruolo nel governo ombra di Keir Starmer, in quel rimpasto livoroso venuto dopo le elezioni amministrative del 6 maggio: Streeting, che ha appena iniziato le cure per un cancro al rene, è uno dei trait d’union della transizione dalla formula del New Labour a quella ancora senza nome del Labour del futuro, parla di una nuova “big tent” e di “reinventarsi”, di formare un nuovo modello di proposte che abbia il gusto di questo secolo. Patrick Diamond, storico consigliere dell’ex premier Blair e presidente fino ad adesso di Policy Network, dice che la domanda degli elettori oggi è del tutto diversa, che bisogna costruire un’offerta per questa new Britain che abbiamo davanti. E che non bisogna farlo da soli: in America Joe Biden ha strutturato un nuovo patto sociale con i cittadini; la socialdemocrazia in Europa sta evolvendosi in nuove forme. Il Labour deve giocare il suo ruolo lì, un po’ come fece, questo sì, il New Labour con l’America clintoniana e con la sinistra europea riformista.

 

Le condizioni sono molto diverse, le liti dentro al Labour non sono sedate se si uniscono due forze progressiste simili, c’è tutta l’ala radicale ancora da gestire. E come raccontava ieri il Figaro, in Europa ci sono soltanto sei governi di sinistra su ventisette paesi, di cui tre nel nord scandinavo che come si sa ha una tradizionale socialdemocratica a sé, e un quarto di un arcipelago che ha meno di 500 mila abitanti. Però forse vale anche qui la regola delle rinascite: c’è sempre un che di brutale nell’arte del reinventarsi, ma a volte è questione di sopravvivenza.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi