In Inghilterra

Un brutto colpo per il Labour inglese

Il barometro del supergiovedì elettorale del Regno era la città portuale di Hartlepool, roccaforte laburista da quarant'anni. Hanno vinto i conservatori e ora per Keir Starmer è tutto un po' un guaio

Paola Peduzzi

Da giorni Starmer è appeso all’esito di Heartlepool: sembra una assurdità che una circoscrizione di poche migliaia di persone possa definire le sorti di una leadership nazionale, ma qui si parla del muro rosso, del bottino elettorale laburista, del segnale sui tetti di come va il vento

L’esito del super giovedì elettorale del Regno Unito si definirà oggi e domani, soprattutto per quel che riguarda la Scozia, che si spacca sempre più o meno a metà nelle sue ambizioni indipendentiste - e da quel più o meno dipende tutto, forse troppo.


Un risultato però c’è già, e riguarda Heartlepool, una città portuale del nord-est inglese famosa per i suoi cantieri navali, per il suo impoverimento e perché in questi giorni è diventata barometro della tenuta del Labour e della forza dei Tory.

 

 

Questa notte Heartlepool, roccaforte rossa, governata dal Labour da quarant’anni, ex seggio di Peter Mandeloson, architetto del New Labour, è passata ai conservatori. Era un’elezione suppletiva in una circosrizione del “muro rosso”, la fascia territoriale al centro del Regno Unito che era chiamato “muro rosso” e che nel 2019 è diventato blu: il cuore della conquista dei Tory di Boris Johnson. E' comparso anche un gonfiabile enorme a forma di Johnson fuori dalla sede dove si contavano i voti, simbolo di questa nottata.

 

La sconfitta è tutta sulle spalle di Keir Starmer, leader del Labour nominato un anno fa dopo che con Jeremy Corbyn i laburisti avevano registrato la sconfitta più grave degli ultimi decenni. Starmer, moderato ma ex ministro del governo ombra di Corbyn, aveva il profilo giusto per il Labour di quel momento che aveva bisogno di riunirsi e di compensare le fratture ideologiche, personali ed elettorali del corbynismo. Ma dopo una fase di assestamento, Starmer è sembrato poco determinato e più debole: ogni sua decisione necessariamente vicina al governo nelle scelte anti pandemia (c’era bisogno di unità, giusto?) è stata vista come un tradimento o una fragilità. 
Da giorni Starmer è appeso all’esito di Heartlepool: sembra una assurdità che una circoscrizione di poche migliaia di persone possa definire le sorti di una leadership nazionale, ma qui si parla del muro rosso, del bottino elettorale laburista, del segnale sui tetti di come va il vento. Starmer da parte sua ha abbassato le aspettative: non scegliamo barometri, è comunque un’elezione molto particolare, e il governo ha dalla sua parte una campagna di vaccinazione così efficiente che cancella tutto, la gestione della pandemia in ritardo, questi continui scandali dei Tory (e del premier) che hanno a che fare con la struttura di potere finanziario che tiene su il conservatorismo inglese, persino la fidanzata Carrie che è dipinta come la strega dei cartoni.  


Però Starmer ha perso, l’inversione di rotta del Labour non c’è stata, i Tory si confermano padroni di un rovesciamento politico che racconta una cesura con il passato: forse è stata la Brexit, forse no, ma ora Starmer dovrà trovare un altro modo per resistere lui, intanto, e per riconquistare posti come Heartlepool.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi