Alexandria Ocasio-Cortez (foto LaPresse)

Cosmopolitics

La solitudine di Ocasio-Cortez

Paola Peduzzi

Il voto sul pacchetto di aiuti per l'emergenza coronavirus e una contraddizione a sinistra che sa di un nuovo dialogo

Alexandria Ocasio-Cortez, la deputata più famosa del Congresso americano, la più giovane mai eletta, la più irresistibile nelle sue stories su Instagram (ci ha anche svelato come avere la pelle morbida) oggi ha raggiunto un altro record, “ben più mesto”, come scrive Mark Leibovich sul New York Times: rappresenta la circoscrizione (il Bronx più il Queens) più devastata dal coronavirus di tutto il paese. 19.200 casi di contagio, più di tutta Manhattan, anche se gli abitanti sono quasi un milione di meno. I quartieri di Corona e North Corona – si chiamano così davvero – hanno il codice di avviamento postale con più casi di coronavirus di tutti gli Stati Uniti. Ocasio-Cortez, che già è molto popolare nel suo 14th district che nel 2018 le permise di sconfiggere alle primarie un democratico dell’establishment, scrive lettere di condoglianze, chiama a casa gli affetti stabili delle vittime per dare loro conforto, è una spalla su cui piangere, ispirazione per guardare al futuro, l’espressione più umana delle istituzioni. Nell’intervista a Leibovich non indossa la mascherina né per proteggersi dal contagio (la distanza di sicurezza è mantenuta) né per nascondere le sue emozioni quando racconta dei cadaveri negli appartamenti e della difficoltà a portarli via.

 

Ocasio-Cortez è stata l’unica democratica ad aver votato contro il pacchetto di aiuti da 484 miliardi passato con grande maggioranza al Congresso: secondo lei, era troppo generoso nei confronti delle grandi aziende e non in quelli delle amministrazioni locali, delle piccole imprese e delle singole persone. Prima del voto, Ocasio-Cortez aveva raccolto attorno a sé altri deputati che come lei pensavano che lo stimolo fosse poco equo, ma quando è stato il momento di votare, lei si è ritrovata sola. L’unica del suo partito. Ocasio-Cortez non è abituata alla solitudine, anzi, è abituata al suo contrario: al consenso, agli applausi. E’ a capo della “Squad”, la squadra delle deputate radicali che sfidano l’establishment, è anche quella che certo, l’unità dei democratici è importante, ma il candidato presidenziale Joe Biden deve saperselo conquistare, il voto delle persone che la pensano come lei. Ocasio-Cortez non sa cos’è la solitudine ed è per questo che il voto d’opposizione al pacchetto che piaceva a tutti è stato “un momento di grande scoraggiamento”, anzi di più: le si è spezzato il cuore.

 

Il pragmatismo dei democratici al Congresso è di facile spiegazione: ci voleva un accordo rapido e anche se le perplessità c’erano l’urgenza era troppa. Poi certo, c’è anche il fatto che gli interessi delle grandi aziende hanno sempre un peso, ma l’obiettivo principale del Congresso era quello di mostrare rapidità e chiarezza – siamo vicini agli americani – ancor più se il presidente invece lavora a favore delle divisioni e della confusione. Ma la solitudine di Ocasio-Cortez è la sintesi esatta della contraddizione interna al Partito democratico e alle sinistre occidentali: nel momento in cui quello per cui ti batti da sempre diventa sotto gli occhi di tutti, nel momento in cui il radicalismo dovrebbe diffondersi a gran ritmo, la regia dell’adattamento al post pandemia passa ai meno radicali di tutti. 

 

Ocasio-Cortez dice che Biden, essendo un uomo bianco anziano, “ha l’effetto calmante di un Babbo Natale su molti elettori”, ma non ha alternative se non adottare l’agenda di Bernie Sanders, che era il candidato sostenuto da Ocasio-Cortez. Ma se è vero che il coronavirus, soprattutto in America e soprattutto a New York, ha fatto emergere tutte le ferite sociali che già tormentavano il paese, è anche vero che la risposta per ora più richiesta è quella della affidabilità, della rassicurazione, del pragmatismo. Ci si fa consolare da Ocasio-Cortez, ma ci si fa governare dalla moderazione, che poi è il motivo per cui la solitudine spezza il cuore nei momenti più impensati.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi