Foto LaPresse

Cerno La Qualunque e il pizzo che sempre noi lo paghiamo

Maurizio Crippa

Il senatore ha detto che il Pd di Milano gli ha chiesto il pizzo: “Si chiama pizzo, hanno chiesto il pizzo”. Pare gli abbiano chiesto un contributo di 18 mila euro

Quando la situazione politica si fa particolarmente ridicola, inspiegabilmente rispunta Tommaso Cerno. O forse spiegabilissimamente, detto sulla base della sua biografia politica largamente immaginaria. L’ultima volta che era emerso dalle nebbie del nulla primordiale era stato quando aveva detto che rimpiangeva il giornalismo, che al Senato si annoiava tantissimo e che Renzi ormai non riusciva più “a fare ragionamenti di ampio respiro”. Anzi era la penultima, l’ultima volta fu per far sapere di aver votato la mozione No Tav dei Cinque stelle contro il suo partito, il Pd. Ora invece ha mollato il Pd per passare a Italia viva. E, a parte gli auguri a Italia viva, c’è solo da notare che un fervente No Tav nel partito di Renzi fa l’effetto di un Salvini in moschea. Ma c’è quest’altra faccenda, che farebbe solo ridere e invece a quelli del Pd, di Milano ma non solo, li ha fatti incazzare davvero, si sentono calunniati e pure con motivo. E’ che Cerno ha detto che il Pd di Milano gli ha chiesto il pizzo: “Si chiama pizzo, hanno chiesto il pizzo”. Pare gli abbiano chiesto un contributo di 18 mila euro. Forse per il fatto che se l’erano visto paracadutato per le elezioni come un qualsiasi satrapo della Prima Repubblica, si erano fatti pure il mazzo per farlo eleggere (roba che pure costa) e lui, che adesso se ne va con Iv, manco le spese aveva pagato. “Pizzo” è in effetti ignobile, persino se detto a un Un giorno da pecora. E comunque, gli unici che hanno diritto di lamentarsi, prima con il Pd e adesso con Renzi, siamo noi: costretti a pagare il pizzo della Casta per mantenere Cerno a fare un cazzo in Senato.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"