La statua di Gabriele D'Annunzio a Trieste (foto da Facebook)

Da buttarsi nel Fiume

Maurizio Crippa

Il comune di Trieste inaugura la statua di D'Annunzio a cento anni esatti dalla spedizione di Fiume. Ma è di una bruttezza rara

L’unica cosa che possiamo affermare con sicurezza è che è molto più brutta della statua di Montanelli ai Giardini di Milano. Non era facile. Una cosa di un tristezza, di un color cacchetta, la statua di Gabriele D’Annunzio seduto su un un muretto messa lì ieri a Trieste, il 12 settembre, a bella posta nell’anno centenario della spedizione di Fiume. L’immagine di un impiegato di banca in pausa pranzo, di un borghesuccio che di certo avrebbe profondamente offeso quell’egocentrico estetizzante, convinto com’era di essere una bellezza italica. Del resto ben gli sta, se il problema fosse la statua. E poi scriveva pure male. Per il resto, vorremmo avere le certezze di Giordano Bruno Guerri (si scherza, eh) che ieri sul Giornale illustrava impavido la tesi che l’impresa di Fiume, altro che proto-fascista, fu un magnifico progetto di democrazia. Ma si fatica un po’. Così per limitarci a Trieste e alla sua statua, abbiamo la (quasi) certezza che il sindaco Dipiazza e la sua giunta di centrodestra avrebbero fatto miglior figura a soprassedere, o a cambiare data. Ieri il governo croato ha recapitato all’ambasciatore d’Italia a Zagabria, una nota di disappunto per l’inaugurazione “proprio nella giornata che marca il centenario dell’occupazione”. E il sindaco di Fiume, a rincaro, ha chiamato D’Annunzio “un precursore dell’ideologia fascista” e l’iniziativa “una glorificazione dell’occupazione violenta di una città”. Come gli sia venuto in testa, non si sa. A meno che, dimenticavamo: deve essere stata pensata ai tempi dell’ardito governo sovranista. Ma adesso alla Farnesina vigila Giggino. Per fortuna.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"