Sguardo sul presente

I cambiamenti dell'industria cinematografica con l'intelligenza artificiale

Mariarosa Mancuso

Questo sarà l'anno chiave nella relazione tra gli algoritmi e le preferenze degli abbonati alle varie piattaforme. Prepariamoci a vedere gli attori "clonati"

"Le previsioni sono difficili, soprattutto riguardo al futuro". Lo diceva Mark Twain, che si divertiva con i paradossi. A volte neppure tanto lontani dalla realtà. Nel 2023 gli attori e gli sceneggiatori a Hollywood hanno scioperato a lungo. Contro i produttori-padroni e contro l’invasione dell’intelligenza artificiale, che clona gli attori e le sceneggiature. Raggiunto l’accordo che finalmente ha fatto ripartire l’industria del cinema, il 2024 si annuncia come un anno decisivo per l’IA.

Decisivo non nel senso che l’intelligenza artificiale sparirà, e gli umani vinceranno contro la tecnologia (capita solo nei più rassicuranti film di fantascienza). Magari facendo sparire gli algoritmi che scelgono per noi film somiglianti a quelli che abbiamo già visto (addormentati sul divano, l’IA non conosce noia ma l’umano ne soffre). Già nel 2006, per dire, Netflix aveva messo un milione di dollari a disposizione di chi fosse riuscito a migliorare anche solo del 10 per cento i suggerimenti “pensiamo ti appassioneranno” (perfino peggio dei “consigliati per te” e delle percentuali di compatibilità).

Le previsioni per il 2024 sono sul sito “AI in Hollywood”. Riguardano l’industria, in particolare lo streaming e la pubblicità. Al netto delle sorprese che il 2024 potrebbe riservare – gli analisti sono più cauti di Mark Twain – tre sono gli scenari previsti. Peter Csathy di Creative Media studia le dinamiche tra piattaforme e contenuti. Da tempo Netflix e altre sigle streaming sperimentano (senza dirlo tanto in giro) l’intelligenza artificiale per tagliare i costi e produrre nuovi contenuti. Qualcuno ancora punta sulla qualità, come Disney con Marvel, Pixar e Star Wars. Altre piattaforme più orientate verso la tecnologia usano l’IA come strumento per migliorare l’efficienza (gergo aziendale: vuol dire tagliare i costi).

Peter Csathy prevede inoltre che negli Stati Uniti l’IA verrà regolamentata con misure simili a quelle dell’Unione Europea, per garantire la trasparenza delle operazioni e dei profitti. Le nuove regole cambieranno il modo di considerare e di monetizzare i contenuti generati dall’IA, in particolare per quanto riguarda il diritto d’autore e l’originalità. Prenderanno atto dell’impatto crescente che l’intelligenza artificiale avrà – e forse già ha – sull’industria, e cercheranno di conciliare l’uso del nuovo strumento con la salvaguardia dei diritti individuali e la proprietà intellettuale. In sostanza: si potranno clonare gli attori (ma con il loro permesso e pagando) e ci potranno essere copioni “replicati a macchina” – nel caso delle soap, oppure di certi talk show, o di Peppa Pig –  riconoscendo però una percentuale all’inventore del format o dei personaggi.

Un’altra previsione arriva da Mark Mulligan di MIDiA Research. Il 2024 sarà un anno chiave nella relazione tra gli algoritmi (rieccoci, a dimostrazione che l’IA è già tra noi) e le preferenze degli abbonati. Osserva che gli algoritmi, nelle grandi piattaforme, stanno già spingendo – e lo faranno sempre più – non i contenuti che piacciono a chi guarda, ma quelli più redditizi per la piattaforma. Gli abbonati prima o poi si accorgeranno che i suggerimenti non rispettano i loro gusti, bensì gli interessi del fornitore (ma succederà davvero?) 

Sostiene Mark Mulligan che la tendenza a  trascurare il pubblico pagante lascerà spazio a nuove piattaforme più attente ai gusti dello spettatore. Bello sarebbe, questo ribaltamento tra fornitori di contenuti e abbonati. Una cosa è sicura. Grande sarà il disordine dietro e davanti ai nostri schermi: l’IA cambierà le tecnologie, la legislazione, le nostre abitudini di spettatori.

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