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Mads Mikkelsen a Venezia distrugge la “diversity” 

Giulio Meotti

Finalmente un attore contro il cinema ideologico infarcito di quote razziali. “The Promised Land”, del regista Nikolaj Arcel, di produzione danese interamente nordica e che non avrebbe potuto essere nominato per l’Oscar, fa discutere

Dopo la serie su Anna Bolena nera, dopo l’Achille nero, dopo la Sirenetta di Andersen impersonata da un’attrice nera, dopo la Cleopatra nera di Netflix, dopo la regina Carlotta nera col “blackwashing” della nonna della regina Vittoria, visto che l’originale faceva troppo “vecchia Europa”, non si capisce perché Mads Mikkelsen non potesse inserire quote razziali in un film sulla Danimarca del XVIII secolo.

A Venezia, il celebre attore danese in conferenza stampa parlava di “The Promised Land”, del regista Nikolaj Arcel. Quando un giornalista ha detto che il film è “una produzione danese interamente nordica” e ha chiesto se l’attore fosse “preoccupato” che non avrebbe potuto essere nominato per l’Oscar una volta che le nuove regole degli Academy Awards entreranno in vigore nel 2024, Mikkelsen ha riso, poi ha risposto gelando il pubblico: “E tu lo sei?”. Il giornalista ha provato a paragonare il film di Arcel e “Parasite”. E quando ha descritto la mancanza di diversità in “The Promised Land” come un “enigma”, Mikkelsen ha concluso: “Non l’ho notato, personalmente, e non mi interessa”. Il regista ha provato ad arrampicarsi sugli specchi: “Beh, prima di tutto, il film è ambientato in Danimarca negli anni Cinquanta del Settecento. Abbiamo una grande trama su una ragazza di colore che è vittima di razzismo, ma si tratta di una cosa molto rara per l’epoca, perché non c’erano persone di colore in Danimarca. Probabilmente all’epoca la ragazza che raccontiamo nel film era l’unica persona di colore in tutto il paese”. 

Per aiutare i produttori a soddisfare i nuovi standard, la regista Ava DuVernay ha creato “Array Crew”, un database di donne, persone di colore e altri di gruppi sottorappresentati che lavorano a Hollywood: produttori, operatori di ripresa, art director, addetti all’audio e così via. L’Hollywood Reporter spiega che Array Crew ha “cambiato radicalmente il modo in cui le produzioni hollywoodiane saranno composte in futuro”. Più di novecento produzioni hanno già utilizzato questo sistema. “Il risultato non è stato solo un cambiamento ‘demografico’. E’ stata una trasformazione ideologica e culturale. Come sopravvivere alla rivoluzione? Diventando il suo più fervente sostenitore”. 

A Mikkelsen non va, come quando ha difeso J. K. Rowling per la critica al gender dai “folli commenti d’odio” che hanno travolto la scrittrice di “Harry Potter”. Ma il peccato più grande nel suo ultimo film è quando dice: “Dio ha messo l’uomo sulla terra per creare la civiltà”. In barba a tutta la paccottiglia ecologista.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.