il settore audiovisivo

Anica apre all'industria dei contenuti. Rutelli: "Siamo i primi nel mondo a farlo"

Francesco Corbisiero

L’associazione accoglierà al suo interno rappresentanze per i produttori di contenuti, le piattaforme come Netflix e Amazon e gli esportatori. Il settore cinematografico al momento non naviga in buone acque, ma crescita, innovazione e investimenti possono ristabiline la centralità

Il cinema cambia e Anica si trasforma. Con il rinnovo dei vertici delle unioni e l’ampliamento della piattaforma, l’associazione di rappresentanza delle industrie cinematografiche e audiovisive ha concluso il processo di revisione statutario partito lo scorso giugno. E si prepara a tenere il passo con la modernità in un ecosistema in rapida e profonda trasformazione. “In nessun altro paese al mondo quest’integrazione si è tentata e realizzata: siamo sulla strada giusta” ha rivendicato il presidente Francesco Rutelli in una conferenza stampa convocata per presentare l’ingresso di tre nuovi soggetti nell’ente: l’Unione esportatori internazionali - finora soltanto aderente -, l’Unione editori e creators digitali e Unione editori media audiovisivi. 

 

La partecipazione di queste ultime due realtà sancisce l’importanza del contributo dato dall’industria dei contenuti all’offerta tradizionale soprattutto sul lato dei canali di fruizione: nella prima troveranno posto i creatori; la seconda sarà espressione dei nuovi player internazionali, come Netflix o Amazon, e nazionali, come Chili e Tim Vision. “Si tratta della prima volta in assoluto che lo streaming entra a far parte dell’industria ufficialmente” precisa Jaime Ondarza, da poco eletto al vertice dell’Unione editori media audiovisivi. “La nostra missione - spiega - riguarda il miglioramento degli standard di qualità e varietà dei prodotti”. 

 

Proposito condiviso da ciascuno dei rappresentanti delle unioni. Lo impongono le circostanze: lo stato di salute del settore non sembra dei migliori. Certo, i prodotti italiani vanno forte sul digitale. Eppure a novembre 2021 gli incassi delle produzioni cinematografiche italiane al botteghino non hanno raggiunto la metà degli incassi registrati a novembre 2019, fermandosi al 45 per cento. Le uscite-evento aiutano: il successo di pellicole come “E’ stata la mano di Dio”, “Tre piani” e “Qui rido io”, di registi come Paolo Sorrentino, Nanni Moretti e Mario Martone, è in grado di far respirare una boccata d’ossigeno al box office, ma finora non è riuscito a innescare un effetto traino sulle altre produzioni. “Se le performance natalizie si riveleranno brillanti riusciremo a staccare in tutto 30 milioni di biglietti: in passato, nelle annate migliori, riuscivamo a superare i 100 e nelle peggiori arrivavamo comunque 80” è costretto ad ammettere Luigi Lonigro, presidente dell’Unione editori e distributori cinematografici. 

La ricetta per affrontare il crollo verticale delle vendite, dimenticarsi le sale chiuse a oltranza, provare a superare il ricordo di produzioni bloccate e maestranze ferme per mesi è guardare al futuro con ottimismo e rilanciare. La ripresa economica in corso farà la sua parte: come Lonigro sottolinea, “si prevede per il 2022 una crescita marcata del settore, ancor più se supportata da prodotti vincenti”. La capacità di non abbassare il livello qualitativo giocherà un ruolo decisivo. Chiunque crei, produca, distribuisca, esporti e diversifichi intende sottolinearlo: è su di essa che bisogna puntare. L’innovazione detterà tempi e modi, si può soltanto prenderne atto, come fa Rutelli quanto spiega agli presenti che “ciascuno di noi è cosciente di non poter continuare a fare ciò che ha fatto nel modo in cui l’ha fatto finora”. 

 

Infine, ci sarebbe anche un’occasione chiamata Recovery, che, allo stesso modo del sistema paese, neppure la filiera può permettersi di perdere. Nel Pnrr ben 300 milioni di euro sono destinati al cinema, dai finanziamenti al Centro sperimentale di cinematografia all’adeguamento tecnologico degli studi di Cinecittà. Dove lo scorso giugno, negli spazi allestiti nello storico Teatro 5, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha consegnato nelle mani di Ursula von Der Leyen il piano d’investimenti italiano. In maniera simbolica, come a voler ricordare la centralità del settore nella rinascita italiana di ieri, oggi, domani.

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