Incontro di Papa Francesco con il Consiglio di Sovrintendenza dello IOR nel 2015 (foto LaPresse)

Le irriformabili finanze vaticane

Annunci tanti, risultati pochi. Neanche Francesco è riuscito nel miracolo

Se fosse stato per Papa Francesco, lo Ior sarebbe stato chiuso e il suo austero torrione trasformato in una sala mensa per i poveri affidata alle cure del cardinale elemosiniere. Ci ha pensato eccome, all’inizio del pontificato, l’ha detto lui stesso. Poi ha capito che non si poteva fare – non pochi cardinali gli hanno suggerito prudenza – e ha ingaggiato una battaglia in nome della trasparenza: nuovi vertici per la cosiddetta “banca” vaticana, nuovi organismi (la segreteria per l’Economia), commissioni ad hoc con il compito di studiare riforme e riorganizzazioni. Piani che poi si sono tutti arenati tra scandali, processi, licenziamenti, allontanamenti. Di oggi l’ennesima puntata: cinque funzionari sospesi nell’ambito di un’indagine (partita qualche mese fa con autorizzazione papale) su operazioni finanziarie e immobiliari sospette. Tra le persone coinvolte, oltre a mons. Mauro Carlino, capo dell’Ufficio documentazione e informazione della segreteria di stato, c’è anche Tommaso Di Ruzza, direttore dell’Autorità di informazione finanziaria (l’antiriciclaggio). Lunedì la Santa Sede aveva comunicato che si erano svolte perquisizioni e sequestri di documenti riservati e computer. Come andrà stavolta, lo dirà il tempo. C’è però una costante in questa operazione di lustracija richiesta a gran voce dai cardinali a colui che sarebbe stato eletto Papa nei giorni delle congregazioni che prepararono il Conclave del 2013: sistemare i forzieri vaticani. Bergoglio ha eseguito, trovandosi davanti un muro pressoché invalicabile. La segreteria per l’Economia, considerata in principio quasi alla pari della segreteria di stato, è stata rapidamente dismessa, con il suo primo prefetto, George Pell, incarcerato dall’altra parte del mondo e mai sostituito. Cosa faccia oggi, quell’organismo, non lo sa nessuno. Forse anche per questo il Papa, in uno degli ultimi Angelus, è stato più duro perfino di Gesù, dicendo che la “ricchezza disonesta è il denaro e in generale i beni materiali”.

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