Papa Giovanni Paolo II (foto LaPresse)

Fuori il wojtyliano

Matteo Matzuzzi

Studenti in rivolta all’Istituto Giovanni Paolo II. Mons. Paglia tace, i nuovi vertici dell’Istituto replicano

Roma. L’Osservatore Romano è intervenuto nell’edizione di domenica sulla vicenda dell’Istituto Giovanni Paolo II. In prima pagina Giovanni Cesare Pagazzi (docente di Teologia dogmatica) definisce “sbrigative e tendenziose” “alcune recenti uscite sulla stampa italiana” che “hanno criticato il nuovo piano di studi, a loro dire troppo inclinato verso la sociologia”. Il professore Pagazzi illustra le “novità spiccanti” apportate dai nuovi statuti fatti approvare dal Gran cancelliere Vincenzo Paglia, che da esperto di bioetica quale non è, in questi giorni tace limitandosi a rimandare ad alcuni articoli di Avvenire e dell’Osservatore, mentre l’onda di “perplessità” circa l’epurazione di una buona parte dei docenti cresciuti alla scuola di Carlo Caffarra o direttamente vicini a Giovanni Paolo II (è il caso di Stanislaw Grygiel) sale sempre di più.

 

Scrive Pagazzi che “l’intento di chi ha predisposto il piano di studi del nuovo Istituto è ben più originale, argomentato e coraggioso. Non si tratta di considerare la famiglia come ‘allegoria’ della chiesa, né di presentarla quale calda riserva emotiva che bilancia il rigore delle istituzioni ecclesiali o il ritmo serrato della pastorale ordinaria. Piuttosto s’intende mostrare l’ellisse ‘famiglia-chiesa’ come l’ontologia cristiana, il modo evangelico di considerare il mondo. E ciò perché i legami con persone e cose, di cui la famiglia è risultato e origine, il loro spesso oscuro intreccio sensoriale e affettivo, non sono corollari dell’essere, ma sono l’essere; non sono aggiunte secondarie alla realtà, ma la realtà stessa, la sua forza e la sua forma, la sua energia e la sua possibile giustizia. I legami sono la carne del mondo e la famiglia è la carne dei legami”.

 

Al di là della questione dell’ellisse, il messaggio è chiaro: bisogna cambiare per uscire dall’imbrigliamento di norme e dottrine che – è il sottinteso – ha finora imperato. Chissà se i rappresentanti degli studenti che nei giorni scorsi hanno inviato a Sequeri e Paglia una lunga lettera in cui esprimono “immensa preoccupazione dopo l’inaspettata pubblicazione dei nuovi statuti e del nuovo programma di studi”, saranno rassicurati dalle spiegazioni. I firmatari definiscono “triste” la “notizia dell’espulsione di due professori le cui cattedre hanno un ruolo centrale nella formazione offerta dall’Istituto”. Il riferimento è a Livio Melina e José Noriega. “Al centro della nostra preoccupazione circa l’identità dell’Istituto – aggiungono – c’è la soppressione della cattedra di Teologia morale fondamentale. Sappiamo quanto sia stato importante per Papa Giovanni Paolo II lo studio dell’azione umana, al punto da affidare (tale) cattedra proprio al primo presidente, il cardinale Carlo Caffarra”.

 

L’Istituto tramite un lungo comunicato stampa ieri ha smentito che siano in atto epurazioni, spiegando la natura dei nuovi programmi e dei nuovi statuti e definendo “faziosa” e “in mala fede” certa comunicazione che ha parlato di estromissioni; comunicazione che accusa il Gran Cancelliere Paglia di aver accentrato troppo potere nelle sue mani. Preso atto delle novità – è stato estromesso anche il professor Sergio Belardinelli – l’interrogativo riguarda chi ora prenderà il posto degli “allontanati”. Tra i nomi più ricorrenti (benché manchi una conferma ufficiale) spicca quello di don Maurizio Chiodi che partecipando a una conferenza ospitata dall’Università Gregoriana il 14 dicembre del 2017 disse che “ci sono circostanze, che proprio per responsabilità richiedono la contraccezione”. Non proprio in linea, dunque, con quell’Humanae vitae che l’Istituto fondato da Giovanni Paolo II avrebbe dovuto difendere.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.